di Luca Milani, ex studente di cinema campano, trapiantato nella città delle due torri.
Si vede, da lontano. È quel palazzo di cui mi hanno detto Robert e
Jake, quello dove vivrò d’ora in poi. È strano, lo credevo più alto…
certo, una volta lo era. Ma ora, dal ponte di una piccola nave
sgangherata e maleodorante, quel palazzo che si staglia all’orizzonte
con il sole che batte da levante, non sembra niente di che. Nonostante
siano ben cinque piani.
- Ehi, lo vedi? Ci saremo tra poco! -
Una voce squillante e fremente di eccitazione mi interrompe, sbatto un paio di volte le palpebre, scuoto il capo.
- Si, l’avevo immaginato… -
Robert mi pare sempre di più un esaltato, un pazzo, che con questa
storia dello scioglimento dei ghiacciai artici c’è andato a nozze. Uno
tanto pazzo di scorazzare il mondo come è ora è molto ben pagato… finché
vive. E lui è vissuto ben più di altri suoi colleghi.
- Emozionato? -
La voce calda è invece quella di Jake. Anche lui non è molto a posto,
ma almeno non è come il suo compare. Sa essere molto lucido, ha sempre
un tono sicuro, è rapido nelle decisioni. È strano che uno così odi il
mare. Anche se non è strano che faccia questo lavoro, visto che le
probabilità di sopravvivenza sono molto basse, ed in un mondo come
questo, uno che odia il mare come lui… la morte probabilmente è una
liberazione.
Mi prendo un po’ di tempo, ma non scordo la domanda.
- Un po’… -
Molte cose che avrei da dire mi rimangono in gola, impedite ad uscire
dalla stessa eccitazione da cui sono nate. Ma comunque non mi devo
preoccupare, Jake è un tipo per lo più taciturno, non aggiungerà altro.
Almeno spero.
- Beh, allora bello, prima di lasciarti al tuo nuovo nido, ci sono un paio di cose che devi sapere -
Certo, se comincia a parlare Robert, il problema non è neanche da immaginare…
- Sto coso era molto alto, si vede quel che rimane, ma visto che gli
appartamenti sono piccoli, è usato per lo più da ragazzi come te, o poco
più grandi. E tu, come spero che sai, dovrai farti il giro degli
appartamenti di questi ogni giorno, vedendo che non hanno niente di
strano, e sai a cosa mi riferisco… sai, armi, droghe, cose che oramai è
impossibile trovare, ma che… chi lo sa, magari qualcuno è riuscito a
tenere mentre scappava. Del primo piano non ti devi preoccupare: con
l’alta marea ci va l’acqua, non ci abita nessuno. Nel secondo, non c’è
nessuno, quando il primo piano si è allagato, sono morti tutti, e quelli
del secondo piano sono scappati per ‘sto fatto che forse si scioglie
anche il polo sud… comunque, c’è un gran casino, quindi ci sono molti
nascondigli, è il piano da controllare meglio - si ferma un attimo,
riprende fiato aggrottando la fronte già rugosa, quindi riprende col suo
sorriso sdentato e multicolore - E poi lì c’è il cannone… l’hanno
portato su degli esploratori, serve contro quei pochi sfigati che si
fanno chiamare “corsari”!! Ah! Come se lo fossero!! Vabbè, comunque, al
terzo piano ci sarai tu, che dividerai l’appartamento con Nancy, l’altra
custode, quella che si occupa di pulire tutto… insomma, quella che si
fa il culo davvero!! - e qui scoppia in una fragorosa risata, portandosi
le mani ai fianchi e piegandosi indietro. Quando torna nella sua
posizione abituale, i suoi occhi hanno il riflesso del sole, inumiditi
dalle lacrime del riso - Ahhhh… comunque, dicevo, oltre voi due c’è solo
un altro appartamento al terzo, dove vive un tizio un po’ strampalato,
poi lo vedrai… al quarto invece ci sono ben quattro appartamenti, sette
persone in tutto, e Jonah, il single, è l’unico che terrei
particolarmente d’occhio fossi in te… pare abbia ammazzato qualcuno, ma
non si può dire con sicurezza, non c’è neanche il tempo per investigare,
lo sai! Ma comunque… guardati le palle amico!! Al quinto invece non ci
dovrebbero essere problemi, stanno i soliti riccastri figli di paparino
col moccio al naso che si possono permettere gli ultimi piani. Bah!!
Almeno non dovrebbero dare casini, non con tutti i soldi che hanno,
diamine!! - ed ecco che finalmente si ferma, proprio mentre passiamo nel
buco nella parete, fatto probabilmente con un piccone arrugginito, come
la maggior parte delle entrate dei palazzi - Beh, siamo arrivati, ti
lasciamo qui, il resto te lo dirà Nancy… è la ragazza castana con la
fascia in testa, la riconosci subito. Ora, scusami, ma sono costretto a
chiederti gli altri 150 dollari… sai, il cibo è quasi finito, e dobbiamo
andare dalle parti di New York… -
Glieli do, se li sono guadagnati più che onestamente, e comunque non
scenderei senza darglieli, almeno non vivo… saluto, il vecchio pazzo ed
il vecchio flemmatico si allontanano per quella stessa distesa d’acqua
che abbiamo percorso per venire. Sto alcuni minuti a guardare la nave
andar via, mentre finalmente mi godo un po’ di stabilità. Per la prima
volta dopo mesi, non devo continuamente spostarmi per rimanere in
equilibrio. Per la prima volta dopo mesi, posso guardare il mare senza
esserne direttamente influenzato. O, almeno, in apparenza… impossibile
non esserlo, non ora.
Dopo che la nave è scomparsa dall’orizzonte, rimango ancora un po’, a
pensare… il lavoro non è male, ho trovato una casa praticamente subito,
ma… la devo dividere? È strano a pensarci. In Spagna non si stava male,
ma i miei erano molto… troppo protezionisti. Ed insomma, ho 19 anni
ormai!! Ho passato tutta la mia vita con loro, con mio fratello, con mia
sorella… sono sempre stato in casa con qualcuno, però… insomma, sono
familiari. E se questa Nancy fosse una di quelle persone che per soldi
farebbero di tutto? Che qualsiasi lavoro va bene finché si campa
discretamente? O magari una pettegola!! O anche una che la pensa in modo
totalmente diverso da me…? Vabbè, si, ma… magari è una brava ragazza…
chi lo sa, magari anche carina… Bah! Chi se ne frega, ora vediamo tanto…
spero solo che sia simpatica, e di andare d’accordo con lei… gli altri
inquilini sinceramente poco m’importa, tanto mi pagano quei 300 dollari
al mese e se andiamo d’accordo, bene, sennò buongiorno e ciao, alla fine
gli altri sono il mio lavoro. L’importante è la coinquilina …
Ed ecco che a questo punto mi sento un tocco leggero sulla spalla, che
con un leggero strattone mi invita a girarmi, e così faccio.
- Ciao!! Tu devi essere Felipe, piacere! -
Mi tende la mano, sorridente. Beh, se questa è Nancy, e credo che lo
sia, la piccola descrizione che mi ha fatto Robert è stata completamente
rispettata… beh, se è Nancy, dicevo, allora almeno è carina, magari non
proprio bella, ma carina. E sinceramente sembra anche simpatica. Bene!!
- Sì, piacere!! - rispondo entusiasta, tanto che non credo che quel
tono esca dalla mia gola. Sarà perché le mie previsioni non erano delle
più rosee, probabilmente - Ahem… sei tu Nancy? -
- Sì, sì, sono io! Vieni, ti faccio vedere l’appartamento! - così,
naturalmente, mi prende per mano e mi tira dentro ad un appartamentino
del primo piano, umido in terra, che puzza di salsedine come la nave con
cui sono venuto, e spoglio di ogni mobile o roba simile - È piccolo, ma
per due si starà più che bene. Se non hai del cibo, ho preso un po’ di
roba in più questa settimana, sapendo che arrivavi. Altrimenti ne
prenderò di meno dopodomani, quando i mercanti ripasseranno! - sorrido,
la sua spontaneità è disarmante, riesco solo ad alzare la mia pesante
sacca in tela nera impermeabile, e scuoterla per far capire che non è
vuota - Ok, capito… -
Ora però penso al letto, non alla tavola. Non ho dormito la notte, e di
contro mi sono messo a mangiare, tanto che pare che dopodomani dovrò
già spendere qualcosa, nonostante quello che mi ero conservato sarebbe
dovuto bastare per una settimana:
- Scusa, ma sono molto stanco… - è strano fermarsi così, ma lo è ancora
di più interrompere in questa maniera un’accoglienza premurosa come
quella che mi aveva preparato Nancy – beh… dove dormo? Non ho chiuso
occhio stanotte, muoio di sonno – dritto al punto. Mi spiace, ma non
posso proprio farne a meno ora.
Ma una cosa mi rincuora: lei sorride più ampiamente, non sembra averla
presa a male. Eh, sì, sento che andremo proprio d’accordo!! – È la
stessa cosa che ho pensato io appena arrivata, vieni – e detto ciò, si
volta e si avvicina alla parete giallastra, dalla carta da parati
stracciata. Non sembra esserci una porta o che altro, non capisco,
almeno finché non si alza sulla punta dei piedi, afferra una cordicina
che non avevo notato, e con un piccolo sbuffo la tira giù, portandosi la
parete inumidita. E’ un letto a muro, sorprendentemente. Non se ne
vedono più molti, soprattutto non… matrimoniali?
- Dormiamo tutti e due qui, spero non ti dia fastidio –
- Beh… dovrebbe darne più a te credo, no? – sento un po’ di calore alle
guance mentre rispondo, non vorrei arrossire. Ma non ero affatto
preparato, mi ha sorpreso, anche se in questo piccolo spazio c’era da
aspettarselo.
- Basta che non sei uno di quelli che fa brutti pensieri e non c’è
problema – dice lei, come se fosse un dettaglio minimo – Ma soprattutto
non devi russare, eh! –
- Haha… non ti preoccupare allora, non hai di che temere! – mi sento
già a mio agio, è molto strano. Tanto che non aspetto un attimo a
dirigermi al letto, sedermi, sdraiarmi finalmente. Non è molto
confortevole come letto, appena mi sono poggiato le molle si sono
lamentate, poi puzza leggermente, ma è normale, non si possono lavare i
materassi, l’acqua dolce va usata per lo stretto necessario. Ma la cosa
che più infastidisce è il freddo pungente ed umido dietro la nuca, che
mi fa sobbalzare un attimo.
- Non è il massimo, ma ti ci abituerai – mi rincuora la mia coinquilina
– Ora vado a pulire su, al quinto. Tu invece cominci domani, quando ti
svegli ti dico gli orari e tutto, ok? –
Non aspetta la risposta, semplicemente mi saluta con un cenno della mano ed esce frettolosamente di casa.
E finalmente…
È passato un mese oramai. Mi sembra ieri che sono arrivato, eppure è
proprio molto tempo. All’inizio è stato un po’ difficile, ma ce l’ho
fatta ad integrarmi con gli altri. Vado d’accordo più o meno con tutti,
tranne con Lucy e Kevin del quarto. Nonostante sia il mio lavoro, non
vogliono che guardi nel loro appartamento, anche se a quanto pare non
hanno nulla da nascondere. Ma di gente strana, si sa, ne esiste
parecchia. Invece Jonah, sempre del quarto, che mi avevano descritto
come un tizio paranoico e pericoloso, si è dimostrato tutt’altro. Sia io
che Nancy andiamo molto d’accordo con lui, direi che noi tre oramai
facciamo gruppo.
Quelli del quinto pure si sono dimostrati migliori di quel che mi
aspettassi, ma restano comunque delle specie di principini in confronto a
noi. Alcuni hanno perfino un motoscafo e lo riescono ad usare ogni
giorno per andare all’università, nonostante il costo del carburante.
Però mi piace in particolare Tina, per come la pensa. Non so a che
università vada, dice che quando la finirà e troverà lavoro riuscirà ad
aiutare tutti, trovando nuove possibili fonti energetiche. Sinceramente
dubito sia possibile, senza poter costruire nuove strutture, ma dice che
ha un mezzo progetto in mente. Bah, si vedrà, ma sembra sicura e
determinata.
Un altro personaggio degno di nota è Pedro, quello che occupa l’altro
appartamento al terzo. E’ un tipo robusto, oscuro a volte, altre volte
invece di una sincerità e spontaneità che competono con quelle di un
bambino. Non sono sicuro che stia bene con la testa, ma almeno è
tranquillo. Però, un po’ mi spiace che nonostante cerchiamo di
coinvolgerlo, non voglia stare con noi, pare che abbia paura di Jonah, e
quindi di me e Nancy che siamo suoi amici.
Insomma, non è così male. Certo, potrebbe andare meglio, ma a
lamentarsi non si conclude nulla. È agendo che si cambiano le cose. Ed
io, Nancy e Jonah, le cambieremo. Ogni mese mettiamo da parte 20
dollari, abbiamo deciso. Tra poco dovrebbero arrivare, e così metteremo i
primi 60 dollari della nostra società. Ci vorranno degli anni per
riuscire a comprare una casa, seppur piccola, ma se tutto va come
previsto tra 10 anni massimo staremo in un bell’appartamento per tre,
ultimo piano, dalle parti di Los Angeles, non al centro, ma comunque non
lontano. Lì si potrebbe fare una vita decente, è da lì che sta
ripartendo la ricerca per lo sfruttamento dell’energia solare. Magari
vediamo di coinvolgere anche Tina, anche se pare che abbia già deciso
tutto per fatti suoi.
Un rumore, la porta. Sono arrivati, quindi mi alzo dal letto ormai
familiare, ed osservo la porta in legno, dalla vernice scrostata,
aprirsi rapidamente, ed entrare Nancy, col suo solito fare allegro, e
Jonah, con un bel sorriso stampato in faccia, il che ha un effetto
strano, visto che ha un viso a prima vista minaccioso, ha anche una
cicatrice sul mento:
- Ciao –
- Ciao –
- Ciao Fel, buone nuove – esordisce Jonah – Mi hanno dato un aumento, e
forse riesco a trovare un altro posto dove lavoro io, però poi uno di
voi deve fare il doppio della fatica – ogni volta che parla di questo
nostro progetto lo fa in maniera pragmatica. Per molti credo sarebbe un
fastidio, io stesso all’inizio mi trovavo in difficoltà, ma in effetti è
confortante che fra noi tre almeno uno riesca a rifletterci lucidamente
- Avremo quattro stipendi… e due neanche niente male, potremo metterci
anche 50 dollari a testa. Credo sia meglio discuterne un po’, dopo, noi
due – mi avvisa Nancy, in maniera seria ma sbrigativa – Ma ora vi devo
dire assolutamente quello che mi ha detto Tina!! Prima di tutto ha detto
che potrebbe anche pensare di venire con noi dopo, ma soprattutto ha
detto che la televisione ha mandato un servizio sulla situazione di
fuori, con tanto di stima degli abitanti di ora e di mappa delle
maggiori zone di ricerca energetica!! –
- Tele…? Perché, ha una televisione, quella? – domanda Jonah,
impressionato, il che ha uno strano effetto, di solito non si manifesta
così palesemente. È perché lui non è mai andato a casa di Tina, non sa
che è l’unica del palazzo ad avere una tv, forse l’unica in città… anche
se non so bene quanti altri palazzi siano rimasti qui attorno, entro i
limiti della vecchia città. Era pure piccola, non so neanche il nome,
forse siamo un piccolo palazzo di cinque piani in mezzo al nulla.
- Sì, giusto, non lo sai, ma sì, ha una tv. Comunque, pare che in tutto
il mondo siamo ancora quasi mezzo miliardo di persone!! Ma ci pensate?
Sono il doppio di quanto non si credesse prima di riuscire ad aggiustare
i satelliti!! Sono così contenta che siamo così tanti, non riesco a
crederci!! –
Sorrido, il suo entusiasmo è travolgente, e la notizia non mi prende
tanto quanto ha fatto con lei, ma mi lascia tutt’altro che indifferente.
Forse, se si comincerà a comunicare meglio gli uni con gli altri, entro
breve si potrebbe trovare un modo per fermare l’innalzamento della
temperatura e lo scioglimento degli ultimi ghiacci. Sarebbe stupendo.
Ma eccola. Il suono stridulo della sirena d’emergenza, proprio mentre
stavo per dire la mia. Faccio un gesto di saluto, e corro fuori.
Purtroppo è il mio lavoro, e loro lo sanno, non cercano di fermarmi. Una
volta fuori, mi guardo attorno, all’interno della struttura cilindrica,
ma chi ha chiamato è a pochi passi da me, col fiatone, piegato sulle
ginocchia:
- Felipe, è caduto… è caduto un pantalone nell’acqua!! – mi urla
addosso Pedro, disperato. E non a torto. È una delle cose più brutte che
possa succedere, i vestiti già si trovano poco ed a prezzi esagerati,
in più l’acqua è abbastanza calda da rovinarli, e c’è il pericolo che ci
siano dei detriti nucleari che ancora viaggiano sul fondo, che
casualmente si trovino nelle vicinanze. Per non parlare del rischio
della presenza dei pesci, visto che dopo il bombardamento atomico su
scala mondiale che ci ha ridotto a vivere in questo mondo i pochi pesci
sopravvissuti sono mutati, diventando più aggressivi, e purtroppo sono
sopravvissuti solo i più resistenti, in particolare gli squali. È un bel
rischio buttarsi, e l’ultima volta uno squalo mi ha spezzato l’asta di
ferro arrugginito che avevo. A dire il vero questa è la seconda volta
che succede, e visto quel che è successo la prima volta, non ho molta
voglia di buttarmi.
Beh, vorrà dire che mi consolerò con i 200 dollari bonus che riceverò nel caso riuscissi a sopravvivere.
Mi tuffo quindi, saranno 5 metri sopra l’acqua, ma si deve fare in
fretta. L’odore di umani sul vestito può attirare i pesci, sebbene non
mi sia chiaro come possa accadere. Il contatto con l’acqua è tutt’altro
che piacevole, fa ancora più caldo di sopra, dà una sensazione azzeccosa
sul corpo, gli occhi mi bruciano, ed anche non bevendo mi vengono dei
conati di vomito fortissimi. Ma soprattutto sono fottuto di paura, non
voglio certo morire qui, ed ho come la sensazione che qualche creatura
mi abbia puntato. Me la faccio sotto, ma tanto non se ne accorgerà
nessuno, puzzerò lo stesso, e l’acqua ha sempre un colore giallastro. In
fretta torno in superficie, afferro i pantaloni, e mi metto a nuotare
quanto più velocemente posso. È la prima volta che nuoto in mare, da
piccolo ho nuotato in delle piccole piscine di acqua distillata, visto
che con uno scenario del genere tutti devono saper nuotare, ma in mare è
tutto diverso. Mi muovo a fatica, nel frattempo Nancy e Jonah sono
arrivati al primo piano, si dirigono alla banchina, la parte più bassa
dell’edificio, e pure io mi dirigo in quella direzione, è l’unica
speranza di salvezza.
Una bracciata.
Un’altra.
E così via, fino ad arrivare alla tanto agognata meta, dove quattro braccia mi afferrano e mi tirano fuori da quell’inferno:
- Non… non voglio mai più farlo, è bruttissimo… - è l’unica cosa che
riesco a dire, ora che non sono più in acqua ho quasi freddo per la
prima volta nella mia vita, il cambiamento è radicale, non so come non
me ne sia accorto prima.
- Non preoccuparti, è passato oramai… - mi rassicurano, non riesco a
capire chi dei due. Ho le orecchie piene di quell’acqua, a malapena
distinguo le parole. Quindi inclino la testa d’un lato e dall’altro per
cacciar via l’acqua, ma un po’ rimane, la sento chiaramente. Ora devo
solo sperare che non ci siano scorie in un raggio di un centinaio di
chilometri per essere sicuro. Ma ovviamente non lo sarò mai.
- Devo… devo farmi una doccia, e poi lavare questi pantaloni… -
Detto ciò, mi aiutano a rialzarmi, mi rendo conto in maniera tutt’altro
che gradita che da solo non riuscirei a stare in piedi. Quindi mi
portano alle docce, le preziose docce d’acqua distillata, l’unica cosa
con cui ci si può pulire e che si può bere di questi tempi. Anche se in
realtà ha un gusto pessimo.
Mi poggiano al muro della doccia più vicina, quindi mi lasciano, per
poco non cado, mi si offusca un attimo la vista, e sussulto al contatto
della mia schiena nuda alle mattonelle in ceramica, le uniche cose nuove
che si possono trovare nel palazzo, visto che l’istallazione del
macchinario e la stessa costruzione del locale docce è posteriore alla
scoperta del palazzo stesso. Aspetto qualche minuto, quindi faccio un
gesto della mano per intendere che possono anche lasciarmi, anche se
ancora faccio fatica a muovermi. Ma comunque loro vanno, lanciandomi
qualche occhiata mentre camminano, probabilmente vogliono essere sicuri
che mi riesca a reggere in piedi almeno. Ed in effetti almeno in piedi
ci sto.
Aspetto qualche altro minuto per aprire l’acqua, e la sensazione di
bagnato che provo ora è completamente diversa da prima. Sento
letteralmente andare via la sporcizia, così come l’acqua che mi era
rimasta addosso, e quasi mi sembra di vedere tutto lo schifo che avevo
addosso sparire nello scarico a terra.
Quindi mi tolgo i pantaloni e le mutande, laverò tutto dopo, insieme ai
pantaloni di Pedro, e mi pulisco bene anche al di sotto della vita.
Una volta finito mi sento ritemprato, quasi rinforzato da questa
doccia. Giusto di fianco ci sta il lavatoio, non viene quasi mai usato, e
soprattutto con la porta della doccia chiusa col chiavistello d’acciaio
inossidabile non ci può entrare nessuno.
Quindi apro l’acqua del rubinetto, afferro il pezzo di sapone che è
rimasto, non molto oramai, è lo stesso da prima che arrivassi, e
comincio a pulire. L’acqua si colora di nero mentre strofino il mio
pantalone dello stesso colore, e viene attraversata da sporadiche
macchie bianche del sapone.
Dopo passo ai pantaloni di Pedro, e finisco col lavare le mutande.
Aspetto qualche minuto, strizzando i miei panni, facendo in modo che
l’acqua fugga da loro, quindi li reindosso ed esco. Per arrivare al mio
appartamento devo per forza passare per il secondo piano, ne approfitto
per dare un’occhiata, così da non farlo dopo. Pensandoci bene, è
paradossale che una parte fondamentale del palazzo sia stata costruita
al primo piano, quello più a rischio, tanto che è stato sommerso una
volta quando non si sapeva e viene tutt’ora allagato due volte al mese.
Bah.
Come al solito nel secondo regna il caos più totale: scrivanie rovinate
ribaltate, sedie a terra, un portagioie dietro un armadio caduto, vari
oggetti rotti per terra, ed in ogni vecchio appartamento un letto oramai
marcio, ammuffito, che nessuno avrà mai il coraggio di portare via
tanto che fa schifo. Ma vedendo questo caos almeno una volta al giorno
oramai so tutto, pure come sono disposti i vari oggetti inutilizzati. Ho
persino scoperto una mattonella che si toglie, e lì nascondo i miei
risparmi, anche se non ce ne sarebbe bisogno, oramai mi fido di tutti
qui dentro.
Niente di che, me ne va…
no. Non vado. Il portagioie ha un disegno di un sole sorridente sopra, e
di solito il sorriso volge proprio verso il muro. Ma stavolta no,
stavolta è rivolto a me, oltre l’armadio. Gli rispondo, di controvoglia,
quindi poggio le ginocchia sul legno inumidito, sperando che non ceda, e
con la mano libera prendo il portagioie.
Aprendolo trovo delle carte, con dei disegni e delle scritte in una lingua che non conosco.
Questo vuol dire che ci sono solo due persone che possono aver scritto
quel biglietto: Wang, cinese, un riccastro del quinto, oppure Vladimir,
russo, del quarto, uno che si è lasciato da poco con la ragazza.
Di chi sia sia, poso il portagioie come l’ho trovato, e porto le carte
su, chiederò a Nancy, lei più se ne intende, ha la passione per le
lingue, anche se oramai si parla solo inglese, dato che la maggior parte
dei grattacieli stava in America.
Arrivato al terzo, passo da Pedro per dargli i pantaloni, e quando si
sporge da dietro la porta pare timoroso di quel che sta facendo, ma
ancora più strano è che non mi parli, di solito, se non c’è Jonah, è un
gran chiacchierone. Comunque, prende frettolosamente i pantaloni e
questi cadono ancora bagnati per terra a causa di una sua presa incerta,
e si sporcano di polvere. Li butta dentro con un piede e subito mi
sbatte la porta in faccia. Rimango perplesso, vorrei ribussare, ma non
credo sia il momento adatto. Magari domani gli parlerò, anche perché il
bonus me lo deve pagare lui, e non posso dire che non mi farebbe comodo.
Comunque sia, sono curioso di sapere almeno che lingua sia quella in
cui sono scritti quegli appunti, se Nancy sa pure leggerli magari
potrebbe essere qualcosa di grosso, roba da andare alla polizia. Anche
perché non capisco che possa esserci scritto di tanto importante, tanto
da doverlo nascondere addirittura fuori casa, in un luogo che
probabilmente pochi avrebbero colto. E forse sta anche da più tempo di
quanto non creda.
Immerso nei miei pensieri, quasi non mi ero accorto di aver bussato, ma
lo scricchiolio della porta che si apre mi fa tornare alla realtà.
- Finalmente!! Ce ne hai messo di tempo per tornare, eh!! Come ti senti, ancora stordito? –
- No, grazie, la doccia è bastata, più che altro ho perso tempo per
guardare il secondo piano, mi sono anticipato un po’ di lavoro. E, cosa
peggiore, per la prima volta ho trovato qualcosa di sospetto, speravo mi
potessi dare una mano – non aspetto che mi risponda, prendo subito le
carte in tasca, e gliele porgo.
- Humm… - prende le carte dalla mia mano, le esamina per molto tempo, o
almeno questa è la mia sensazione. Non so perché ma sono in forte
tensione, una specie di presagio, un cattivo segno forse – Credo… credo
sia greco… non lo conosco bene, ma riconosco alcune lettere… ad esempio
questo è yupsilon, questo omega… alfa e beta questo e questo… le altre
non le conosco, ma credo proprio che sia greco, ma non sono in grado di
leggerlo – un po’ sono sollevato, chissà cosa avrebbero potuto dirci
questi fogli, ma presto comincio a preoccuparmi ancora di più. Uno che
ha scritto qualcosa in greco in questo palazzo è sicuramente uno che va
all’università, quindi uno del quinto… e chissà perché tutte queste
precauzioni, non riesco proprio a capire – Potrebbe essere qualcosa di
pericoloso, deve averlo scritto uno che va all’università – conferma
Nancy – Non so chi studia altre lingue, a dire il vero, l’unica cosa
sicura è che Tina va a fisica, e quindi l’escluderei… -
- Già… però non so… aspetta, sta un foglio su cui sta disegnato
qualcosa se non sbaglio – me ne sono ricordato ora, prima ho solo visto
degli schizzi, ma non li ho osservati bene, mi son fermato a capire che
non erano scritte. Prendiamo la pagina con i disegni, ed in un paio di
secondi ci rendiamo conto di quello che sono.
Alziamo la testa assieme, ci guardiamo preoccupati, quasi inorriditi.
Questi sono schizzi del palazzo e c’è pure il cannone, che una freccia
fa capire che deve essere puntato all’interno. Ci sono anche delle note,
sempre in quello che presumiamo essere greco, ed ogni tanto dei numeri,
e per finire un piccolo punto interrogativo nell’angolo in basso a
destra:
- Dobbiamo andare alla polizia, corriamo alla ba… -
Nancy non ha il tempo di finire la frase, interrotta da un’esplosione,
cui segue un po’ di movimento di tutta la struttura. E dopo una manciata
di secondi si sentono urla d’aiuto, urla d’agitazione, ed usciamo
subito.
Lo spettacolo è terribile: uno squarcio al primo piano, di fianco alla
zona docce. Però c’è qualcosa di strano, le palle di ferro che abbiamo
non dovrebbero fare una cosa del genere… forse c’entra qualcosa la nota
che la freccia porta alla palla di cannone, sul foglio. Comunque, vedo
Jonah da una finestra rotta, sta scendendo le scale per il secondo, poi
giù, affianco al buco provocato dall’esplosione, c’è Christie, una del
quarto, a terra, poggiata al muro, con un ginocchio probabilmente rotto,
le esce un sacco di sangue, già ha raggiunto l’acqua.
Faccio per seguire Jonah, ma osservando Chris mi rendo conto di una
cosa, una cosa che mi colpisce come un pugno nello stomaco, mi lascia
senza fiato. Il liquido che il sangue va ad incontrare non è la solita
acqua, è nera. Anzi, per la precisione una macchia nera si sta spandendo
sulla superficie giallastra dell’acqua, a gran velocità… petrolio?
La situazione è peggio di quanto pensassi. Il petrolio è prezioso, se
riuscissimo a chiamare qualcuno che lo prenda tutti quelli del palazzo
prenderebbero tanti di quei soldi da potersi pagare l’università,
proprio come quelli del quinto. Ma d’altro canto, la temperatura è
calda, e per questo non si devono prendere iniziative avventate. Ho
sentito che più a sud, verso la fascia equatoriale, se del petrolio
viene a galla prende subito fuoco.
È pensando a questo che finalmente arrivo al secondo, svolto nel buco
dove una volta c’era la porta dell’appartamento, e sento uno sparo.
Prima che me ne renda conto, il sangue caldo di Jonah mi schizza in
faccia, sul petto, nella mia bocca, aperta dallo stupore. Dietro di me,
Nancy, che mi ha seguito, urla tanto da spaccarmi i timpani. Almeno lei
ci riesce, io vorrei, ma qualcosa me lo impedisce, nonostante il mio
miglior amico mi sia morto davanti agli occhi.
E così, dopo quella che mi è sembrata un’eternità, il corpo di Jonah
cade, senza vita, a terra, permettendomi di vedere il bastardo che ha
organizzato tutto questo.
Ma la cosa che mi sconvolge è che sono in due: uno è Kain, del quinto, e
l’altro è Tom, il mercante che viene due volte a settimana, ed è
quest’ultimo che mi punta una pistola arrugginita ma a quanto pare
ancora funzionante addosso.
- Ma… ma… ma che state facendo, pazzi? – inveisco, con le lacrime agli
occhi, non mi curo dell’arma, sono troppo sconvolto per ragionare
lucidamente.
Ed a dimostrazione di ciò, scatto in avanti, ma una pallottola nella
spalla mi ferma, facendomi cadere a terra per il dolore. Urlo, ora ci
riesco eccome, ed urlo più forte quando il piede di Kain mi pesta la
spalla ferita.
- Non preoccuparti… lo raggiungerai, e poi vi raggiungeranno tutti gli altri, mentre noi faremo soldi a palate –
Da sotto vedo il sorriso, sadico, dei due, e mi sembra un’eternità il
tempo che ci mettono per premere il grilletto. Mi sembra di sentire
anche dei passi e la voce di Nancy che urla, ma non riesco a capire,
come prima le mie percezioni cominciano ed annebbiarsi.
Ma lo scoppio del proiettile mi riporta alla realtà. Chiudo gli occhi, o provo, avendo poco tempo.
Sono morto? Non credo, sento ancora il dolore alla spalla, se ci fosse
una vita dopo di questa non dovrei provare gli stessi dolori, no?
Riapro gli occhi, lentamente, timoroso, e vedo Tom che si agita ed
urla, con la mano carbonizzata. Evidentemente il vecchio revolver lo ha
tradito, esplodendogli in mano. E Nancy va addosso a Kain, buttandolo a
terra, ed il dolore alla spalla si attenua, seppur di poco. Tento di
alzarmi, ed osservo un combattimento a senso unico tra la ragazza più
positiva e meno violenta che abbia mai conosciuto ed un tizio palestrato
che ha tentato di ammazzarmi. Ma comunque non posso fare nulla, una
volta alzato barcollo e basta, quindi cado di nuovo, spinto da non so
chi. E da terra vedo gli altri ragazzi del palazzo, che si buttano su
Kain e lo bloccano, aiutano Nancy, sanguinante e con un occhio nero, ad
alzarsi, e sento delle mani salde alzare pure me, e poi prendermi per
sotto l’ascella.
- Ma… che succede? Abbiamo trovato Pedro morto, abbiamo sentito degli spari… -
- Ci siamo precipitati qui, e vi troviamo così –
Il resto non riesco a seguirlo, so solo che ci portano vicino ad una
vecchia finestra, e cominciano a calarsi uno alla volta sulla barca
mercantile di Tom, di sotto, grazie ad una corda uscita fuori chissà
quando. Ma proprio quando tentano di darmi una mano per far scendere
anche me, vedo il mercante che si rialza, e con la mano sana va a
prendere un altro revolver sotto la giacca.
Non so perché, non so come, non so dove prenda la forza, ma scatto
verso di lui prima che punti, e lo spingo verso una finestra che dà
all’interno, e cadiamo, entrambi, di sotto, verso l’acqua, verso il
petrolio.
Poi, lo sparo. E tutto s’infiamma.
Sento Christie urlare, mi ero dimenticato di lei, e probabilmente anche
gli altri sopravvissuti. Passo quel muro di fuoco, solo un attimo, poi
mi ritrovo per la seconda volta nella giornata in quell’acqua putrida,
schifosa, ma diversamente da prima vedo dei pesci avvicinarsi
pericolosamente e rapidamente a noi. Nonostante il dolore, devo fare
qualcosa. Non si tratta di farsi più male o meno male, qui si tratta di
morire o restare in vita. E con quello che credo sia l’ultimo briciolo
di forza che mi resta, spingo a lato Tom, che pare essersi rassegnato, e
nuoto quanto più velocemente mi è possibile verso la banchina, sperando
di farcela con l’aria che mi resta nei polmoni, visto che prenderei
fuoco se tornassi in superficie a prendere fiato.
“Ce la faccio”, mi ripeto, senza troppa convinzione. Il muro sembra
lontano, lontanissimo, ed ogni bracciata sembra si allontani ancora,
finché non ci sbatto. Torno in superficie, fa ancora più caldo, devo
fare presto o il fuoco mi prenderà e dovrò tornare sotto per spegnermi.
Due braccia arrivano in mio soccorso, fortunatamente. Chris si è
spostata, c’è riuscita a quanto pare, e tra tutti e due riesco a salire
prima di prendere fuoco. Forse è stato anche perché sono bagnato, non
so, ora non so più nulla. So solo che il mercantile non può avvicinarsi
molto, e che la piccola barca a remi è oramai cenere.
Sento degli schiaffi in faccia, apro gli occhi. Non riesco a mettere a
fuoco per un po’, vedo una bocca che si muove, probabilmente parla, ma
non sento nulla.
Mi ci vogliono dei minuti per riprendermi, capire che Christie mi sta
dicendo che possiamo salvarci, per capire che sono rimasto svenuto per
ore.
- Ora stanno poco distanti da qui, dobbiamo solo superare una decina di
metri a nuoto sott’acqua e ci prenderanno, saremo salvi – dice la
ragazza al mio fianco, cercando di tirar su non solo me – Forse i pesci
se ne saranno andati in tutto questo tempo, forse si sono allontanati e
ce la possiamo fare, te la senti? –
Non rispondo, non riesco ancora a parlare, ma la mia risposta credo sia
scontata: se c’è solo una possibilità su un milione di sopravvivere, va
sfruttata. Ed è questo che dico, dopo qualche minuto che Chris ripete
sempre la stessa cosa, minuti che mi son serviti per riprendermi.
Certo, ci vuole ancora una buona mezz’ora prima che riesca ad alzarmi,
ma appena riesco andiamo. A quanto pare la ferita al ginocchio di
Christie era meno grave di quel che sembrava, riesce a prendere una
rincorsa per il tuffo, anche se zoppicando. Quanto a me, la spalla fa un
male cane, ed ho perso pure molto sangue, ma devo farcela.
Ed ora, ancora una volta in acqua, sotto le fiamme dell’inferno che si
sta scatenando a pochi metri dalla mia testa. E nuoto, per quanto
riesca, e vedo parecchio più avanti la ragazza, oramai sono sicuro che
almeno lei ce la farà. Io non so, ma ci provo, non mi arrenderò ora.
Chris viene raccolta, io sto ancora a metà strada, mi si chiudono gli
occhi, sono sul punto di svenire, lo so. Ma manca poco, ecco che…
“No. Non ora!!” non riesco a pensare ad altro sentendo qualcosa
afferrare, anzi, mordere la mia gamba destra. Mi volto e vedo un pesce
non molto grande, ma a quanto pare combattivo e dai denti affilati.
Ancora una volta la fortuna è dalla mia parte, qualcuno mi solleva, il
pesce rimane attaccato alla gamba e sale pure lui al di sopra della
superficie del mare, e solo ora mi lascia, strappandomi parte del
polpaccio.
Una volta a bordo, Nancy mi abbraccia, in lacrime. Le dico di non preoccuparsi, carezzandole i capelli.
E lei mi bacia.
Sento di star per svenire si nuovo. Ma sono felice, ora.
Non so se mi sveglierò di nuovo, ma mai come ora lo spero, proprio ora
che mi sono accorto di questo mio sentimento sopito non posso
permettermi di morire.
Ma sì, mi sveglierò. E, succeda quel che succeda, sono sicuro che sarò il ragazzo più felice del mondo.
Complimenti Luca, leggere questo racconto significa esserne parte...
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