domenica 7 aprile 2013

Palafitte in Cemento

di Luca Milani, ex studente di cinema campano, trapiantato nella città delle due torri.

Si vede, da lontano. È quel palazzo di cui mi hanno detto Robert e Jake, quello dove vivrò d’ora in poi. È strano, lo credevo più alto… certo, una volta lo era. Ma ora, dal ponte di una piccola nave sgangherata e maleodorante, quel palazzo che si staglia all’orizzonte con il sole che batte da levante, non sembra niente di che. Nonostante siano ben cinque piani.
- Ehi, lo vedi? Ci saremo tra poco! -
Una voce squillante e fremente di eccitazione mi interrompe, sbatto un paio di volte le palpebre, scuoto il capo.
- Si, l’avevo immaginato… -
Robert mi pare sempre di più un esaltato, un pazzo, che con questa storia dello scioglimento dei ghiacciai artici c’è andato a nozze. Uno tanto pazzo di scorazzare il mondo come è ora è molto ben pagato… finché vive. E lui è vissuto ben più di altri suoi colleghi.


- Emozionato? -
La voce calda è invece quella di Jake. Anche lui non è molto a posto, ma almeno non è come il suo compare. Sa essere molto lucido, ha sempre un tono sicuro, è rapido nelle decisioni. È strano che uno così odi il mare. Anche se non è strano che faccia questo lavoro, visto che le probabilità di sopravvivenza sono molto basse, ed in un mondo come questo, uno che odia il mare come lui… la morte probabilmente è una liberazione.
Mi prendo un po’ di tempo, ma non scordo la domanda.
- Un po’… -
Molte cose che avrei da dire mi rimangono in gola, impedite ad uscire dalla stessa eccitazione da cui sono nate. Ma comunque non mi devo preoccupare, Jake è un tipo per lo più taciturno, non aggiungerà altro. Almeno spero.
- Beh, allora bello, prima di lasciarti al tuo nuovo nido, ci sono un paio di cose che devi sapere -
Certo, se comincia a parlare Robert, il problema non è neanche da immaginare…
- Sto coso era molto alto, si vede quel che rimane, ma visto che gli appartamenti sono piccoli, è usato per lo più da ragazzi come te, o poco più grandi. E tu, come spero che sai, dovrai farti il giro degli appartamenti di questi ogni giorno, vedendo che non hanno niente di strano, e sai a cosa mi riferisco… sai, armi, droghe, cose che oramai è impossibile trovare, ma che… chi lo sa, magari qualcuno è riuscito a tenere mentre scappava. Del primo piano non ti devi preoccupare: con l’alta marea ci va l’acqua, non ci abita nessuno. Nel secondo, non c’è nessuno, quando il primo piano si è allagato, sono morti tutti, e quelli del secondo piano sono scappati per ‘sto fatto che forse si scioglie anche il polo sud… comunque, c’è un gran casino, quindi ci sono molti nascondigli, è il piano da controllare meglio - si ferma un attimo, riprende fiato aggrottando la fronte già rugosa, quindi riprende col suo sorriso sdentato e multicolore - E poi lì c’è il cannone… l’hanno portato su degli esploratori, serve contro quei pochi sfigati che si fanno chiamare “corsari”!! Ah! Come se lo fossero!! Vabbè, comunque, al terzo piano ci sarai tu, che dividerai l’appartamento con Nancy, l’altra custode, quella che si occupa di pulire tutto… insomma, quella che si fa il culo davvero!! - e qui scoppia in una fragorosa risata, portandosi le mani ai fianchi e piegandosi indietro. Quando torna nella sua posizione abituale, i suoi occhi hanno il riflesso del sole, inumiditi dalle lacrime del riso - Ahhhh… comunque, dicevo, oltre voi due c’è solo un altro appartamento al terzo, dove vive un tizio un po’ strampalato, poi lo vedrai… al quarto invece ci sono ben quattro appartamenti, sette persone in tutto, e Jonah, il single, è l’unico che terrei particolarmente d’occhio fossi in te… pare abbia ammazzato qualcuno, ma non si può dire con sicurezza, non c’è neanche il tempo per investigare, lo sai! Ma comunque… guardati le palle amico!! Al quinto invece non ci dovrebbero essere problemi, stanno i soliti riccastri figli di paparino col moccio al naso che si possono permettere gli ultimi piani. Bah!! Almeno non dovrebbero dare casini, non con tutti i soldi che hanno, diamine!! - ed ecco che finalmente si ferma, proprio mentre passiamo nel buco nella parete, fatto probabilmente con un piccone arrugginito, come la maggior parte delle entrate dei palazzi - Beh, siamo arrivati, ti lasciamo qui, il resto te lo dirà Nancy… è la ragazza castana con la fascia in testa, la riconosci subito. Ora, scusami, ma sono costretto a chiederti gli altri 150 dollari… sai, il cibo è quasi finito, e dobbiamo andare dalle parti di New York… -
Glieli do, se li sono guadagnati più che onestamente, e comunque non scenderei senza darglieli, almeno non vivo… saluto, il vecchio pazzo ed il vecchio flemmatico si allontanano per quella stessa distesa d’acqua che abbiamo percorso per venire. Sto alcuni minuti a guardare la nave andar via, mentre finalmente mi godo un po’ di stabilità. Per la prima volta dopo mesi, non devo continuamente spostarmi per rimanere in equilibrio. Per la prima volta dopo mesi, posso guardare il mare senza esserne direttamente influenzato. O, almeno, in apparenza… impossibile non esserlo, non ora.
Dopo che la nave è scomparsa dall’orizzonte, rimango ancora un po’, a pensare… il lavoro non è male, ho trovato una casa praticamente subito, ma… la devo dividere? È strano a pensarci. In Spagna non si stava male, ma i miei erano molto… troppo protezionisti. Ed insomma, ho 19 anni ormai!! Ho passato tutta la mia vita con loro, con mio fratello, con mia sorella… sono sempre stato in casa con qualcuno, però… insomma, sono familiari. E se questa Nancy fosse una di quelle persone che per soldi farebbero di tutto? Che qualsiasi lavoro va bene finché si campa discretamente? O magari una pettegola!! O anche una che la pensa in modo totalmente diverso da me…? Vabbè, si, ma… magari è una brava ragazza… chi lo sa, magari anche carina… Bah! Chi se ne frega, ora vediamo tanto… spero solo che sia simpatica, e di andare d’accordo con lei… gli altri inquilini sinceramente poco m’importa, tanto mi pagano quei 300 dollari al mese e se andiamo d’accordo, bene, sennò buongiorno e ciao, alla fine gli altri sono il mio lavoro. L’importante è la coinquilina …
Ed ecco che a questo punto mi sento un tocco leggero sulla spalla, che con un leggero strattone mi invita a girarmi, e così faccio.
- Ciao!! Tu devi essere Felipe, piacere! -
Mi tende la mano, sorridente. Beh, se questa è Nancy, e credo che lo sia, la piccola descrizione che mi ha fatto Robert è stata completamente rispettata… beh, se è Nancy, dicevo, allora almeno è carina, magari non proprio bella, ma carina. E sinceramente sembra anche simpatica. Bene!!
- Sì, piacere!! - rispondo entusiasta, tanto che non credo che quel tono esca dalla mia gola. Sarà perché le mie previsioni non erano delle più rosee, probabilmente - Ahem… sei tu Nancy? -
- Sì, sì, sono io! Vieni, ti faccio vedere l’appartamento! - così, naturalmente, mi prende per mano e mi tira dentro ad un appartamentino del primo piano, umido in terra, che puzza di salsedine come la nave con cui sono venuto, e spoglio di ogni mobile o roba simile - È piccolo, ma per due si starà più che bene. Se non hai del cibo, ho preso un po’ di roba in più questa settimana, sapendo che arrivavi. Altrimenti ne prenderò di meno dopodomani, quando i mercanti ripasseranno! - sorrido, la sua spontaneità è disarmante, riesco solo ad alzare la mia pesante sacca in tela nera impermeabile, e scuoterla per far capire che non è vuota - Ok, capito… -
Ora però penso al letto, non alla tavola. Non ho dormito la notte, e di contro mi sono messo a mangiare, tanto che pare che dopodomani dovrò già spendere qualcosa, nonostante quello che mi ero conservato sarebbe dovuto bastare per una settimana:
- Scusa, ma sono molto stanco… - è strano fermarsi così, ma lo è ancora di più interrompere in questa maniera un’accoglienza premurosa come quella che mi aveva preparato Nancy – beh… dove dormo? Non ho chiuso occhio stanotte, muoio di sonno – dritto al punto. Mi spiace, ma non posso proprio farne a meno ora.
Ma una cosa mi rincuora: lei sorride più ampiamente, non sembra averla presa a male. Eh, sì, sento che andremo proprio d’accordo!! – È la stessa cosa che ho pensato io appena arrivata, vieni – e detto ciò, si volta e si avvicina alla parete giallastra, dalla carta da parati stracciata. Non sembra esserci una porta o che altro, non capisco, almeno finché non si alza sulla punta dei piedi, afferra una cordicina che non avevo notato, e con un piccolo sbuffo la tira giù, portandosi la parete inumidita. E’ un letto a muro, sorprendentemente. Non se ne vedono più molti, soprattutto non… matrimoniali?
- Dormiamo tutti e due qui, spero non ti dia fastidio –
- Beh… dovrebbe darne più a te credo, no? – sento un po’ di calore alle guance mentre rispondo, non vorrei arrossire. Ma non ero affatto preparato, mi ha sorpreso, anche se in questo piccolo spazio c’era da aspettarselo.
- Basta che non sei uno di quelli che fa brutti pensieri e non c’è problema – dice lei, come se fosse un dettaglio minimo – Ma soprattutto non devi russare, eh! –
- Haha… non ti preoccupare allora, non hai di che temere! – mi sento già a mio agio, è molto strano. Tanto che non aspetto un attimo a dirigermi al letto, sedermi, sdraiarmi finalmente. Non è molto confortevole come letto, appena mi sono poggiato le molle si sono lamentate, poi puzza leggermente, ma è normale, non si possono lavare i materassi, l’acqua dolce va usata per lo stretto necessario. Ma la cosa che più infastidisce è il freddo pungente ed umido dietro la nuca, che mi fa sobbalzare un attimo.
- Non è il massimo, ma ti ci abituerai – mi rincuora la mia coinquilina – Ora vado a pulire su, al quinto. Tu invece cominci domani, quando ti svegli ti dico gli orari e tutto, ok? –
Non aspetta la risposta, semplicemente mi saluta con un cenno della mano ed esce frettolosamente di casa.
E finalmente…



È passato un mese oramai. Mi sembra ieri che sono arrivato, eppure è proprio molto tempo. All’inizio è stato un po’ difficile, ma ce l’ho fatta ad integrarmi con gli altri. Vado d’accordo più o meno con tutti, tranne con Lucy e Kevin del quarto. Nonostante sia il mio lavoro, non vogliono che guardi nel loro appartamento, anche se a quanto pare non hanno nulla da nascondere. Ma di gente strana, si sa, ne esiste parecchia. Invece Jonah, sempre del quarto, che mi avevano descritto come un tizio paranoico e pericoloso, si è dimostrato tutt’altro. Sia io che Nancy andiamo molto d’accordo con lui, direi che noi tre oramai facciamo gruppo.
Quelli del quinto pure si sono dimostrati migliori di quel che mi aspettassi, ma restano comunque delle specie di principini in confronto a noi. Alcuni hanno perfino un motoscafo e lo riescono ad usare ogni giorno per andare all’università, nonostante il costo del carburante. Però mi piace in particolare Tina, per come la pensa. Non so a che università vada, dice che quando la finirà e troverà lavoro riuscirà ad aiutare tutti, trovando nuove possibili fonti energetiche. Sinceramente dubito sia possibile, senza poter costruire nuove strutture, ma dice che ha un mezzo progetto in mente. Bah, si vedrà, ma sembra sicura e determinata.
Un altro personaggio degno di nota è Pedro, quello che occupa l’altro appartamento al terzo. E’ un tipo robusto, oscuro a volte, altre volte invece di una sincerità e spontaneità che competono con quelle di un bambino. Non sono sicuro che stia bene con la testa, ma almeno è tranquillo. Però, un po’ mi spiace che nonostante cerchiamo di coinvolgerlo, non voglia stare con noi, pare che abbia paura di Jonah, e quindi di me e Nancy che siamo suoi amici.
Insomma, non è così male. Certo, potrebbe andare meglio, ma a lamentarsi non si conclude nulla. È agendo che si cambiano le cose. Ed io, Nancy e Jonah, le cambieremo. Ogni mese mettiamo da parte 20 dollari, abbiamo deciso. Tra poco dovrebbero arrivare, e così metteremo i primi 60 dollari della nostra società. Ci vorranno degli anni per riuscire a comprare una casa, seppur piccola, ma se tutto va come previsto tra 10 anni massimo staremo in un bell’appartamento per tre, ultimo piano, dalle parti di Los Angeles, non al centro, ma comunque non lontano. Lì si potrebbe fare una vita decente, è da lì che sta ripartendo la ricerca per lo sfruttamento dell’energia solare. Magari vediamo di coinvolgere anche Tina, anche se pare che abbia già deciso tutto per fatti suoi.
Un rumore, la porta. Sono arrivati, quindi mi alzo dal letto ormai familiare, ed osservo la porta in legno, dalla vernice scrostata, aprirsi rapidamente, ed entrare Nancy, col suo solito fare allegro, e Jonah, con un bel sorriso stampato in faccia, il che ha un effetto strano, visto che ha un viso a prima vista minaccioso, ha anche una cicatrice sul mento:
- Ciao –
- Ciao –
- Ciao Fel, buone nuove – esordisce Jonah – Mi hanno dato un aumento, e forse riesco a trovare un altro posto dove lavoro io, però poi uno di voi deve fare il doppio della fatica – ogni volta che parla di questo nostro progetto lo fa in maniera pragmatica. Per molti credo sarebbe un fastidio, io stesso all’inizio mi trovavo in difficoltà, ma in effetti è confortante che fra noi tre almeno uno riesca a rifletterci lucidamente
- Avremo quattro stipendi… e due neanche niente male, potremo metterci anche 50 dollari a testa. Credo sia meglio discuterne un po’, dopo, noi due – mi avvisa Nancy, in maniera seria ma sbrigativa – Ma ora vi devo dire assolutamente quello che mi ha detto Tina!! Prima di tutto ha detto che potrebbe anche pensare di venire con noi dopo, ma soprattutto ha detto che la televisione ha mandato un servizio sulla situazione di fuori, con tanto di stima degli abitanti di ora e di mappa delle maggiori zone di ricerca energetica!! –
- Tele…? Perché, ha una televisione, quella? – domanda Jonah, impressionato, il che ha uno strano effetto, di solito non si manifesta così palesemente. È perché lui non è mai andato a casa di Tina, non sa che è l’unica del palazzo ad avere una tv, forse l’unica in città… anche se non so bene quanti altri palazzi siano rimasti qui attorno, entro i limiti della vecchia città. Era pure piccola, non so neanche il nome, forse siamo un piccolo palazzo di cinque piani in mezzo al nulla.
- Sì, giusto, non lo sai, ma sì, ha una tv. Comunque, pare che in tutto il mondo siamo ancora quasi mezzo miliardo di persone!! Ma ci pensate? Sono il doppio di quanto non si credesse prima di riuscire ad aggiustare i satelliti!! Sono così contenta che siamo così tanti, non riesco a crederci!! –
Sorrido, il suo entusiasmo è travolgente, e la notizia non mi prende tanto quanto ha fatto con lei, ma mi lascia tutt’altro che indifferente. Forse, se si comincerà a comunicare meglio gli uni con gli altri, entro breve si potrebbe trovare un modo per fermare l’innalzamento della temperatura e lo scioglimento degli ultimi ghiacci. Sarebbe stupendo.
Ma eccola. Il suono stridulo della sirena d’emergenza, proprio mentre stavo per dire la mia. Faccio un gesto di saluto, e corro fuori. Purtroppo è il mio lavoro, e loro lo sanno, non cercano di fermarmi. Una volta fuori, mi guardo attorno, all’interno della struttura cilindrica, ma chi ha chiamato è a pochi passi da me, col fiatone, piegato sulle ginocchia:
- Felipe, è caduto… è caduto un pantalone nell’acqua!! – mi urla addosso Pedro, disperato. E non a torto. È una delle cose più brutte che possa succedere, i vestiti già si trovano poco ed a prezzi esagerati, in più l’acqua è abbastanza calda da rovinarli, e c’è il pericolo che ci siano dei detriti nucleari che ancora viaggiano sul fondo, che casualmente si trovino nelle vicinanze. Per non parlare del rischio della presenza dei pesci, visto che dopo il bombardamento atomico su scala mondiale che ci ha ridotto a vivere in questo mondo i pochi pesci sopravvissuti sono mutati, diventando più aggressivi, e purtroppo sono sopravvissuti solo i più resistenti, in particolare gli squali. È un bel rischio buttarsi, e l’ultima volta uno squalo mi ha spezzato l’asta di ferro arrugginito che avevo. A dire il vero questa è la seconda volta che succede, e visto quel che è successo la prima volta, non ho molta voglia di buttarmi.
Beh, vorrà dire che mi consolerò con i 200 dollari bonus che riceverò nel caso riuscissi a sopravvivere.
Mi tuffo quindi, saranno 5 metri sopra l’acqua, ma si deve fare in fretta. L’odore di umani sul vestito può attirare i pesci, sebbene non mi sia chiaro come possa accadere. Il contatto con l’acqua è tutt’altro che piacevole, fa ancora più caldo di sopra, dà una sensazione azzeccosa sul corpo, gli occhi mi bruciano, ed anche non bevendo mi vengono dei conati di vomito fortissimi. Ma soprattutto sono fottuto di paura, non voglio certo morire qui, ed ho come la sensazione che qualche creatura mi abbia puntato. Me la faccio sotto, ma tanto non se ne accorgerà nessuno, puzzerò lo stesso, e l’acqua ha sempre un colore giallastro. In fretta torno in superficie, afferro i pantaloni, e mi metto a nuotare quanto più velocemente posso. È la prima volta che nuoto in mare, da piccolo ho nuotato in delle piccole piscine di acqua distillata, visto che con uno scenario del genere tutti devono saper nuotare, ma in mare è tutto diverso. Mi muovo a fatica, nel frattempo Nancy e Jonah sono arrivati al primo piano, si dirigono alla banchina, la parte più bassa dell’edificio, e pure io mi dirigo in quella direzione, è l’unica speranza di salvezza.
Una bracciata.
Un’altra.
E così via, fino ad arrivare alla tanto agognata meta, dove quattro braccia mi afferrano e mi tirano fuori da quell’inferno:
- Non… non voglio mai più farlo, è bruttissimo… - è l’unica cosa che riesco a dire, ora che non sono più in acqua ho quasi freddo per la prima volta nella mia vita, il cambiamento è radicale, non so come non me ne sia accorto prima.
- Non preoccuparti, è passato oramai… - mi rassicurano, non riesco a capire chi dei due. Ho le orecchie piene di quell’acqua, a malapena distinguo le parole. Quindi inclino la testa d’un lato e dall’altro per cacciar via l’acqua, ma un po’ rimane, la sento chiaramente. Ora devo solo sperare che non ci siano scorie in un raggio di un centinaio di chilometri per essere sicuro. Ma ovviamente non lo sarò mai.
- Devo… devo farmi una doccia, e poi lavare questi pantaloni… -
Detto ciò, mi aiutano a rialzarmi, mi rendo conto in maniera tutt’altro che gradita che da solo non riuscirei a stare in piedi. Quindi mi portano alle docce, le preziose docce d’acqua distillata, l’unica cosa con cui ci si può pulire e che si può bere di questi tempi. Anche se in realtà ha un gusto pessimo.
Mi poggiano al muro della doccia più vicina, quindi mi lasciano, per poco non cado, mi si offusca un attimo la vista, e sussulto al contatto della mia schiena nuda alle mattonelle in ceramica, le uniche cose nuove che si possono trovare nel palazzo, visto che l’istallazione del macchinario e la stessa costruzione del locale docce è posteriore alla scoperta del palazzo stesso. Aspetto qualche minuto, quindi faccio un gesto della mano per intendere che possono anche lasciarmi, anche se ancora faccio fatica a muovermi. Ma comunque loro vanno, lanciandomi qualche occhiata mentre camminano, probabilmente vogliono essere sicuri che mi riesca a reggere in piedi almeno. Ed in effetti almeno in piedi ci sto.
Aspetto qualche altro minuto per aprire l’acqua, e la sensazione di bagnato che provo ora è completamente diversa da prima. Sento letteralmente andare via la sporcizia, così come l’acqua che mi era rimasta addosso, e quasi mi sembra di vedere tutto lo schifo che avevo addosso sparire nello scarico a terra.
Quindi mi tolgo i pantaloni e le mutande, laverò tutto dopo, insieme ai pantaloni di Pedro, e mi pulisco bene anche al di sotto della vita.
Una volta finito mi sento ritemprato, quasi rinforzato da questa doccia. Giusto di fianco ci sta il lavatoio, non viene quasi mai usato, e soprattutto con la porta della doccia chiusa col chiavistello d’acciaio inossidabile non ci può entrare nessuno.
Quindi apro l’acqua del rubinetto, afferro il pezzo di sapone che è rimasto, non molto oramai, è lo stesso da prima che arrivassi, e comincio a pulire. L’acqua si colora di nero mentre strofino il mio pantalone dello stesso colore, e viene attraversata da sporadiche macchie bianche del sapone.
Dopo passo ai pantaloni di Pedro, e finisco col lavare le mutande. Aspetto qualche minuto, strizzando i miei panni, facendo in modo che l’acqua fugga da loro, quindi li reindosso ed esco. Per arrivare al mio appartamento devo per forza passare per il secondo piano, ne approfitto per dare un’occhiata, così da non farlo dopo. Pensandoci bene, è paradossale che una parte fondamentale del palazzo sia stata costruita al primo piano, quello più a rischio, tanto che è stato sommerso una volta quando non si sapeva e viene tutt’ora allagato due volte al mese.
Bah.
Come al solito nel secondo regna il caos più totale: scrivanie rovinate ribaltate, sedie a terra, un portagioie dietro un armadio caduto, vari oggetti rotti per terra, ed in ogni vecchio appartamento un letto oramai marcio, ammuffito, che nessuno avrà mai il coraggio di portare via tanto che fa schifo. Ma vedendo questo caos almeno una volta al giorno oramai so tutto, pure come sono disposti i vari oggetti inutilizzati. Ho persino scoperto una mattonella che si toglie, e lì nascondo i miei risparmi, anche se non ce ne sarebbe bisogno, oramai mi fido di tutti qui dentro.
Niente di che, me ne va…
no. Non vado. Il portagioie ha un disegno di un sole sorridente sopra, e di solito il sorriso volge proprio verso il muro. Ma stavolta no, stavolta è rivolto a me, oltre l’armadio. Gli rispondo, di controvoglia, quindi poggio le ginocchia sul legno inumidito, sperando che non ceda, e con la mano libera prendo il portagioie.
Aprendolo trovo delle carte, con dei disegni e delle scritte in una lingua che non conosco.
Questo vuol dire che ci sono solo due persone che possono aver scritto quel biglietto: Wang, cinese, un riccastro del quinto, oppure Vladimir, russo, del quarto, uno che si è lasciato da poco con la ragazza.
Di chi sia sia, poso il portagioie come l’ho trovato, e porto le carte su, chiederò a Nancy, lei più se ne intende, ha la passione per le lingue, anche se oramai si parla solo inglese, dato che la maggior parte dei grattacieli stava in America.
Arrivato al terzo, passo da Pedro per dargli i pantaloni, e quando si sporge da dietro la porta pare timoroso di quel che sta facendo, ma ancora più strano è che non mi parli, di solito, se non c’è Jonah, è un gran chiacchierone. Comunque, prende frettolosamente i pantaloni e questi cadono ancora bagnati per terra a causa di una sua presa incerta, e si sporcano di polvere. Li butta dentro con un piede e subito mi sbatte la porta in faccia. Rimango perplesso, vorrei ribussare, ma non credo sia il momento adatto. Magari domani gli parlerò, anche perché il bonus me lo deve pagare lui, e non posso dire che non mi farebbe comodo.
Comunque sia, sono curioso di sapere almeno che lingua sia quella in cui sono scritti quegli appunti, se Nancy sa pure leggerli magari potrebbe essere qualcosa di grosso, roba da andare alla polizia. Anche perché non capisco che possa esserci scritto di tanto importante, tanto da doverlo nascondere addirittura fuori casa, in un luogo che probabilmente pochi avrebbero colto. E forse sta anche da più tempo di quanto non creda.
Immerso nei miei pensieri, quasi non mi ero accorto di aver bussato, ma lo scricchiolio della porta che si apre mi fa tornare alla realtà.
- Finalmente!! Ce ne hai messo di tempo per tornare, eh!! Come ti senti, ancora stordito? –
- No, grazie, la doccia è bastata, più che altro ho perso tempo per guardare il secondo piano, mi sono anticipato un po’ di lavoro. E, cosa peggiore, per la prima volta ho trovato qualcosa di sospetto, speravo mi potessi dare una mano – non aspetto che mi risponda, prendo subito le carte in tasca, e gliele porgo.
- Humm… - prende le carte dalla mia mano, le esamina per molto tempo, o almeno questa è la mia sensazione. Non so perché ma sono in forte tensione, una specie di presagio, un cattivo segno forse – Credo… credo sia greco… non lo conosco bene, ma riconosco alcune lettere… ad esempio questo è yupsilon, questo omega… alfa e beta questo e questo… le altre non le conosco, ma credo proprio che sia greco, ma non sono in grado di leggerlo – un po’ sono sollevato, chissà cosa avrebbero potuto dirci questi fogli, ma presto comincio a preoccuparmi ancora di più. Uno che ha scritto qualcosa in greco in questo palazzo è sicuramente uno che va all’università, quindi uno del quinto… e chissà perché tutte queste precauzioni, non riesco proprio a capire – Potrebbe essere qualcosa di pericoloso, deve averlo scritto uno che va all’università – conferma Nancy – Non so chi studia altre lingue, a dire il vero, l’unica cosa sicura è che Tina va a fisica, e quindi l’escluderei… -
- Già… però non so… aspetta, sta un foglio su cui sta disegnato qualcosa se non sbaglio – me ne sono ricordato ora, prima ho solo visto degli schizzi, ma non li ho osservati bene, mi son fermato a capire che non erano scritte. Prendiamo la pagina con i disegni, ed in un paio di secondi ci rendiamo conto di quello che sono.
Alziamo la testa assieme, ci guardiamo preoccupati, quasi inorriditi. Questi sono schizzi del palazzo e c’è pure il cannone, che una freccia fa capire che deve essere puntato all’interno. Ci sono anche delle note, sempre in quello che presumiamo essere greco, ed ogni tanto dei numeri, e per finire un piccolo punto interrogativo nell’angolo in basso a destra:
- Dobbiamo andare alla polizia, corriamo alla ba… -
Nancy non ha il tempo di finire la frase, interrotta da un’esplosione, cui segue un po’ di movimento di tutta la struttura. E dopo una manciata di secondi si sentono urla d’aiuto, urla d’agitazione, ed usciamo subito.
Lo spettacolo è terribile: uno squarcio al primo piano, di fianco alla zona docce. Però c’è qualcosa di strano, le palle di ferro che abbiamo non dovrebbero fare una cosa del genere… forse c’entra qualcosa la nota che la freccia porta alla palla di cannone, sul foglio. Comunque, vedo Jonah da una finestra rotta, sta scendendo le scale per il secondo, poi giù, affianco al buco provocato dall’esplosione, c’è Christie, una del quarto, a terra, poggiata al muro, con un ginocchio probabilmente rotto, le esce un sacco di sangue, già ha raggiunto l’acqua.
Faccio per seguire Jonah, ma osservando Chris mi rendo conto di una cosa, una cosa che mi colpisce come un pugno nello stomaco, mi lascia senza fiato. Il liquido che il sangue va ad incontrare non è la solita acqua, è nera. Anzi, per la precisione una macchia nera si sta spandendo sulla superficie giallastra dell’acqua, a gran velocità… petrolio?
La situazione è peggio di quanto pensassi. Il petrolio è prezioso, se riuscissimo a chiamare qualcuno che lo prenda tutti quelli del palazzo prenderebbero tanti di quei soldi da potersi pagare l’università, proprio come quelli del quinto. Ma d’altro canto, la temperatura è calda, e per questo non si devono prendere iniziative avventate. Ho sentito che più a sud, verso la fascia equatoriale, se del petrolio viene a galla prende subito fuoco.
È pensando a questo che finalmente arrivo al secondo, svolto nel buco dove una volta c’era la porta dell’appartamento, e sento uno sparo. Prima che me ne renda conto, il sangue caldo di Jonah mi schizza in faccia, sul petto, nella mia bocca, aperta dallo stupore. Dietro di me, Nancy, che mi ha seguito, urla tanto da spaccarmi i timpani. Almeno lei ci riesce, io vorrei, ma qualcosa me lo impedisce, nonostante il mio miglior amico mi sia morto davanti agli occhi.
E così, dopo quella che mi è sembrata un’eternità, il corpo di Jonah cade, senza vita, a terra, permettendomi di vedere il bastardo che ha organizzato tutto questo.
Ma la cosa che mi sconvolge è che sono in due: uno è Kain, del quinto, e l’altro è Tom, il mercante che viene due volte a settimana, ed è quest’ultimo che mi punta una pistola arrugginita ma a quanto pare ancora funzionante addosso.
- Ma… ma… ma che state facendo, pazzi? – inveisco, con le lacrime agli occhi, non mi curo dell’arma, sono troppo sconvolto per ragionare lucidamente.
Ed a dimostrazione di ciò, scatto in avanti, ma una pallottola nella spalla mi ferma, facendomi cadere a terra per il dolore. Urlo, ora ci riesco eccome, ed urlo più forte quando il piede di Kain mi pesta la spalla ferita.
- Non preoccuparti… lo raggiungerai, e poi vi raggiungeranno tutti gli altri, mentre noi faremo soldi a palate –
Da sotto vedo il sorriso, sadico, dei due, e mi sembra un’eternità il tempo che ci mettono per premere il grilletto. Mi sembra di sentire anche dei passi e la voce di Nancy che urla, ma non riesco a capire, come prima le mie percezioni cominciano ed annebbiarsi.
Ma lo scoppio del proiettile mi riporta alla realtà. Chiudo gli occhi, o provo, avendo poco tempo.
Sono morto? Non credo, sento ancora il dolore alla spalla, se ci fosse una vita dopo di questa non dovrei provare gli stessi dolori, no?
Riapro gli occhi, lentamente, timoroso, e vedo Tom che si agita ed urla, con la mano carbonizzata. Evidentemente il vecchio revolver lo ha tradito, esplodendogli in mano. E Nancy va addosso a Kain, buttandolo a terra, ed il dolore alla spalla si attenua, seppur di poco. Tento di alzarmi, ed osservo un combattimento a senso unico tra la ragazza più positiva e meno violenta che abbia mai conosciuto ed un tizio palestrato che ha tentato di ammazzarmi. Ma comunque non posso fare nulla, una volta alzato barcollo e basta, quindi cado di nuovo, spinto da non so chi. E da terra vedo gli altri ragazzi del palazzo, che si buttano su Kain e lo bloccano, aiutano Nancy, sanguinante e con un occhio nero, ad alzarsi, e sento delle mani salde alzare pure me, e poi prendermi per sotto l’ascella.
- Ma… che succede? Abbiamo trovato Pedro morto, abbiamo sentito degli spari… -
- Ci siamo precipitati qui, e vi troviamo così –
Il resto non riesco a seguirlo, so solo che ci portano vicino ad una vecchia finestra, e cominciano a calarsi uno alla volta sulla barca mercantile di Tom, di sotto, grazie ad una corda uscita fuori chissà quando. Ma proprio quando tentano di darmi una mano per far scendere anche me, vedo il mercante che si rialza, e con la mano sana va a prendere un altro revolver sotto la giacca.
Non so perché, non so come, non so dove prenda la forza, ma scatto verso di lui prima che punti, e lo spingo verso una finestra che dà all’interno, e cadiamo, entrambi, di sotto, verso l’acqua, verso il petrolio.
Poi, lo sparo. E tutto s’infiamma.
Sento Christie urlare, mi ero dimenticato di lei, e probabilmente anche gli altri sopravvissuti. Passo quel muro di fuoco, solo un attimo, poi mi ritrovo per la seconda volta nella giornata in quell’acqua putrida, schifosa, ma diversamente da prima vedo dei pesci avvicinarsi pericolosamente e rapidamente a noi. Nonostante il dolore, devo fare qualcosa. Non si tratta di farsi più male o meno male, qui si tratta di morire o restare in vita. E con quello che credo sia l’ultimo briciolo di forza che mi resta, spingo a lato Tom, che pare essersi rassegnato, e nuoto quanto più velocemente mi è possibile verso la banchina, sperando di farcela con l’aria che mi resta nei polmoni, visto che prenderei fuoco se tornassi in superficie a prendere fiato.
“Ce la faccio”, mi ripeto, senza troppa convinzione. Il muro sembra lontano, lontanissimo, ed ogni bracciata sembra si allontani ancora, finché non ci sbatto. Torno in superficie, fa ancora più caldo, devo fare presto o il fuoco mi prenderà e dovrò tornare sotto per spegnermi.
Due braccia arrivano in mio soccorso, fortunatamente. Chris si è spostata, c’è riuscita a quanto pare, e tra tutti e due riesco a salire prima di prendere fuoco. Forse è stato anche perché sono bagnato, non so, ora non so più nulla. So solo che il mercantile non può avvicinarsi molto, e che la piccola barca a remi è oramai cenere.

Sento degli schiaffi in faccia, apro gli occhi. Non riesco a mettere a fuoco per un po’, vedo una bocca che si muove, probabilmente parla, ma non sento nulla.
Mi ci vogliono dei minuti per riprendermi, capire che Christie mi sta dicendo che possiamo salvarci, per capire che sono rimasto svenuto per ore.
- Ora stanno poco distanti da qui, dobbiamo solo superare una decina di metri a nuoto sott’acqua e ci prenderanno, saremo salvi – dice la ragazza al mio fianco, cercando di tirar su non solo me – Forse i pesci se ne saranno andati in tutto questo tempo, forse si sono allontanati e ce la possiamo fare, te la senti? –
Non rispondo, non riesco ancora a parlare, ma la mia risposta credo sia scontata: se c’è solo una possibilità su un milione di sopravvivere, va sfruttata. Ed è questo che dico, dopo qualche minuto che Chris ripete sempre la stessa cosa, minuti che mi son serviti per riprendermi.
Certo, ci vuole ancora una buona mezz’ora prima che riesca ad alzarmi, ma appena riesco andiamo. A quanto pare la ferita al ginocchio di Christie era meno grave di quel che sembrava, riesce a prendere una rincorsa per il tuffo, anche se zoppicando. Quanto a me, la spalla fa un male cane, ed ho perso pure molto sangue, ma devo farcela.
Ed ora, ancora una volta in acqua, sotto le fiamme dell’inferno che si sta scatenando a pochi metri dalla mia testa. E nuoto, per quanto riesca, e vedo parecchio più avanti la ragazza, oramai sono sicuro che almeno lei ce la farà. Io non so, ma ci provo, non mi arrenderò ora.
Chris viene raccolta, io sto ancora a metà strada, mi si chiudono gli occhi, sono sul punto di svenire, lo so. Ma manca poco, ecco che…
“No. Non ora!!” non riesco a pensare ad altro sentendo qualcosa afferrare, anzi, mordere la mia gamba destra. Mi volto e vedo un pesce non molto grande, ma a quanto pare combattivo e dai denti affilati.
Ancora una volta la fortuna è dalla mia parte, qualcuno mi solleva, il pesce rimane attaccato alla gamba e sale pure lui al di sopra della superficie del mare, e solo ora mi lascia, strappandomi parte del polpaccio.
Una volta a bordo, Nancy mi abbraccia, in lacrime. Le dico di non preoccuparsi, carezzandole i capelli.
E lei mi bacia.
Sento di star per svenire si nuovo. Ma sono felice, ora.
Non so se mi sveglierò di nuovo, ma mai come ora lo spero, proprio ora che mi sono accorto di questo mio sentimento sopito non posso permettermi di morire.
Ma sì, mi sveglierò. E, succeda quel che succeda, sono sicuro che sarò il ragazzo più felice del mondo.

1 commento:

  1. Complimenti Luca, leggere questo racconto significa esserne parte...

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