martedì 14 maggio 2013

Notti e Giudici


di Luca Milani, ex studente di cinema campano, trapiantato nella città delle due torri.

Le due di notte. Molta gente a quest’ora dorme, o si appresta a farlo, o si lamenta perché è tardi e dovrebbe farlo.
Anche d’estate le due di notte è un orario in cui il sonno è d’obbligo o quasi, magari i giochi e le chiacchiere in vacanza permettono a tutti di non essere troppo rigidi sull’orario, ma l’abitudine solitamente ha comunque la meglio.

Ma Marco non la pensa così. Marco alle due di notte è sveglio, vigile, attivo… il che per la verità gli crea non pochi problemi solitamente. In particolare quando si è in vacanza in un villaggio, in camera con la sorellina di otto anni dal sonno leggero e due genitori nella stanza di fianco pronti a rimproverarti se la piccola dorme poco per colpa delle tue bizzarre abitudini.
Per questo, verso le due di notte, Marco sgattaiolava puntualmente fuori dalla camera armato di libri e computer per andare nella hall dell’albergo a passar la notte, tornando solo al sopraggiungere del sonno, del senso di colpa o dell’alba, quello che veniva prima.
Quell’anno stava lì da pochi giorni, seduto a vedere Sunset Blvd. sul portatile, seduto su una delle comode poltrone della hall, che ebbe per la prima volta compagnia.
Difatti, verso le quattro, una bella ragazza, bassina, dal viso gentile sotto dei corti capelli rosso rame e dagl’occhi del colore dell’acquamarina, si presentò nella sala comune barcollando, evidentemente stanca, facendosi aria con una copia di Guerra e Pace, che appariva intonsa; dopo aver visto quello strano ragazzo assorto nel suo film, la ragazza si fermò perplessa, poi scosse la testa e si sedette su di un divano li di fianco a leggere: solo allora Marco si accorse di lei.
Nel giro di pochi minuti il film finì, e così Marco si liberò delle cuffie e prese a leggere anche lui, un po’ imbarazzato.

Chiaramente, in una situazione del genere l’imbarazzo dell’involontaria atmosfera quasi intima che si crea non lascia scampo ad occhiate incuriosite e complici, con la funzione di scegliere chi fra le persone coinvolte debba prendere l’iniziativa e cominciare un’impacciata conversazione, ed alla fine tale responsabilità ricadde sulla ragazza, oramai completamente sveglia:
- Ahem… che leggi? –
- Ah, è… It, di Stephen King – rispose Marco mostrando la copertina del sul libro – e tu Guerra e Pace, vedo. Ci vai leggera –
- Sì… -
- Sai, è… è la prima volta che vedo qualcuno qui a quest’ora, credevo di essere l’unico sveglio a quest’ora –
- Beh, non sono un’habitué in realtà, è che stanotte mi son svegliata e non sono riuscita a prendere sonno, e sai, per non disturbare mia sorella… -
- Ah idem, capisco, anch’io son qui per colpa di mia sorella. Però vengo qui tutte le notti in realtà –
- Davvero? E come mai sei sempre sveglio? –
- Beh, è… un vizio che ho, mi addormento tardi, poi non mi piace molto andare al mare quindi mi fa comodo, almeno la mattina me lo scanso con la scusa che devo dormire –
- Non ti piace il mare? Ah, questa non me l’aspettavo!! Uno in un villaggio vacanze a cui il mare non piace!! E come mai sei qui, allora? –
- Beh, è che durante l’anno sto fuori casa per studio, e d’estate ne approfitto per stare coi miei, e purtroppo alla fine mi ritrovo sempre qui per un paio di settimane –
- Che storia strana… -
- Già… Comunque non ci siamo presentati, io sono Marco – annunciò infine, tendendo la mano
- Ah, che stupida, vero… Amelia, piacere –
E dopo una stretta di mano, già erano aperti l’uno con l’altra, come amici di vecchia data che non si vedono da anni, legati dalla notte complice.
Parlarono, parlarono e parlarono ancora, di quel che facevano, dei loro sogni, delle loro vite.
Amelia raccontò di star facendo l’università, secondo anno di antropologia, ma di voler fare la cantante: difatti cantava con un gruppo rock, ma senza particolare successo, non più degli altri gruppi cosiddetti emergenti comunque, ma poco le importava, sapeva che era quello che voleva fare.
Marco invece stava per laurearsi in lettere, e non aveva idea di dove andare a finire una volta terminata pure la magistrale. Il suo sogno era aprire una libreria, ma non nutriva troppe speranze in proposito, non coi tempi correnti almeno.
Amelia chiese pure da quanto fosse lì, e scoprirono di essere arrivati entrambi il sabato precedente, e che per due settimane sarebbero stati entrambi lì.
Data l’avversità di Marco per il mare e l’inclinazione di Amelia e della sorella di andare girando per città il pomeriggio, la ragazza propose di far loro compagnia, qualche volta; inutile dirlo, il giovane fu lesto come poche altre volte ad accettare.
Tante le chiacchiere, tante le risate, le discussioni e gli scontri verbali, che i due non si accorsero del sole che prepotente imponeva la sua presenza all’orizzonte, finché non sentirono il rumore di scarpe riecheggiare nella hall.
Voltisi verso la fonte di tale rumore, Marco per rimase per un attimo parecchio interdetto: una ragazza uguale ad Amelia, fatta eccezione per il colore scuro dei capelli e forse per l’altezza, camminava in tenuta da jogging, con cuffie nelle orecchie.
Amelia invece arrossì leggermente, ma fece segno all’altra, dal canto suo perplessa, di venire verso di loro. Si scoprì così che la misteriosa ragazza era sua sorella gemella, Aurora (“Mai nome più opportuno, sembrerebbe!!” commentò Marco).
Venne fuori che Aurora si svegliava presto per correre, ovviamente, e che neanche aveva notato l’assenza della sorella dalla camera quella mattina; ma la chiacchierata con lei fu meno intensa e soprattutto più breve: chiaramente era l’ora di dormire per gli esseri notturni, ed i due in questione erano meno vivaci oramai. Ad ogni modo, si salutarono con la promessa di vedersi nel pomeriggio, per fare un giro in qualche città vicina.

Quando Marco si svegliò, il suo pensiero andò subito alle due ragazze conosciute quella curiosa mattinata: e non poté non pensarci pure durante il pranzo, e dopo, addirittura in due ore lesse non più di un paio di pagine del suo libro, catturato da quei pensieri persistenti. Certamente era indubbio che entrambe le ragazze fossero particolarmente belle, ed è indubbio che i ragazzi, soprattutto verso una certa età, comincino a fantasticare sul sesso, creando ognuno le proprie manie e perversioni. Una delle più comuni e note fantasie, inoltre, riguarda proprio la possibilità di unirsi a due gemelle insieme, e Marco non era particolarmente originale in questo senso; e sebbene fosse sicuro che non sarebbe mai successo nulla con entrambe, fantasticare non costava niente.
E poi finalmente vennero le quattro del pomeriggio: il ragazzo disse alla sorellina che usciva con delle amiche e di dirlo ai genitori, che stavano dormendo, raccomandandosi di non aspettarlo per cena, e fuggì.
Arrivato davanti alla camera delle ragazze, prese un bel respiro e bussò; quando gli aprì la porta un ragazzo all'incirca della sua età, dagli occhi arrossati e con una birra mezza vuota in mano, non è difficile immaginare l'imbarazzo ed il disappunto che si dipinsero sul suo volto.
- Ahem... ciao, sono Marco, cercavo... Amelia ed Aurora -
- Ah, sei tu quello... io sono Fulvio – disse l'altro, allungando la mano.
In effetti le ragazze avevano accennato al fatto che erano in vacanza col fratello e la sua ragazza, ma a Marco quell'informazione era passata subito di mente, fino ad allora. Ad ogni modo, vedendo bene il l'ospite che l'aveva accolto, Marco notò una certa somiglianza con le gemelle, sebbene il fratello sembrasse aver deturpato la radiosità naturale del viso, per far posto ad un'aria da duro che cozzava non poco coi lineamenti che ancora si intravedevano.
Subito dopo la stretta di mano, arrivò pure un'altra ragazza, in bikini rosa con dei brillantini, ad abbracciare Fulvio da dietro e tendere la mano, sorridente.
- Michela, piacere!! Dai, entra, Aurora sta facendo la doccia ed Amelia dovrebbe arrivare a momenti -
- Si, si, entra – ribadì il suo fidanzato.
Sebbene vagamente infastidito dal modo strafottente del fratello delle gemelle, Marco entrò senza farselo ripetere, e si sedette sul divano.
Nei minuti che seguirono ebbe modo di farsi un'idea chiara su Fulvio: un coglione, un cafone che aveva la fortuna evidente di vivere in una famiglia migliore di quella che si potesse pensare vedendolo, possessivo nei confronti della propria ragazza ed anche delle sorelle, ma che tuttavia si sforzava d'essere gentile.
Michela invece, dopo un'entrata felice, aveva perso man mano punti, dato che il suo contributo a quella sconcertante conversazione era o di supporto a cose che il ragazzo diceva o un promemoria, per ricordare che le gemelle si sarebbero aggiunte presto a loro.
Purtroppo, “presto” fu circa una mezz'oretta, un piccolo suplizio.
Ma alla fine Aurora uscì dal bagno, già vestita, coi capelli neri ancora bagnati, che la facevano apparire più sbarazzina di quanto già non fosse: quella visione fece rilassare Marco, ed anche i suoi intrattenitori, che si sentirono liberi di tornare nella loro camera da letto.
- Ciao, spero non stia aspettando da molto -
- No, solo una decina di minuti direi -
- Ah bene... sai, spero che Fulvio non ti abbia messo in imbarazzo, è una cosa che gli riesce particolarmente bene -
- No, no, figurati, abbiamo fatto due chiacchiere -
- Bene, sono contenta!! Senti, allora, Amelia dovrebbe tornare a breve, è andata a fare un po' di spesa, è strano che non sia ancora tornata -
E come a contraddire l'ultima affermazione,un rumore di chiavi infilate nella serratura spezzò l'attesa.
Ci sono vari motivi per cui una persona dovrebbe metterci moltissimo tempo per fare la spesa: può essere colto da voglie spasmodiche di qualsiasi cosa gli scaffali offrano, o magari potrebbe non esser certo di nulla di ciò che prende, e che posa, ri-posa, ri-prende e così via finché non decide che fare della cena, oppure c'è la possibilità che si perda tempo a scegliere fra il comprare cose di qualità ma costose per far colpo su un invitato a cena o il risparmio, dati i lamenti del portafogli.
Ma molto, molto difficilmente si viene bloccati in un minimarket vicino ad un villaggio vacanze perché un turista tenta di rubare, non vedendo apparecchi antitaccheggio, vari chili di pasta dentro uno zaino rotto, ovviamente con poca fortuna e con una conseguente goffa fuga; ma Amelia ebbe questo privilegio. Ovviamente le formalità successive, arrivo di polizia, un po' di domande in giro, ed una buona mezz'ora se ne vola.
Ad ogni modo, dopo un'euforica spiegazione, un'accesa discussione ed una frettolosa pianificazione della giornata, i tre scesero per andare a visitare un castello in una città lì vicino.

Raramente Marco aveva passato una giornata così piacevole: un bellissimo luogo, una compagnia da scoprire e, ad ogni parola, sempre più interessante e piacevole, ed un insperato spettacolo di danza serale nel cortile del castello... il tempo passò in un lampo.
Ma passò, e purtroppo a mezzanotte pure Cenerentola doveva tornare a casa. La cosa positiva era che la serata non era finita, dato che non avevano mangiato nulla.
Il ritorno in albergo fu però abbastanza spiacevole: aperta la porta, i tre si ritrovarono davanti a Fulvio e Michela che ci davano dentro nel letto di Aurora. Quello che seguì Marco non lo seppe proprio bene, Amelia lo pregò di andarsene, e di tornare l'indomani.
Il ragazzo tornò nella sua camera un po' rammaricato da quella conclusione inopportuna, ma non poteva farci nulla in fondo. Più che altro, al momento era tremendamente dispiaciuto di aver detto ai suoi di non preparare nulla per lui, aveva una fame terribile.

Passò la notte a digiuno, come suo solito nella hall, e fece finta di non accorgersi del sole finché non sentì delle scarpe scendere le scale.
Quando Aurora lo vide, gli andò subito incontro, e prese a scusarsi per la scena, l'imbarazzo, il fratello, e tutta una serie di cose di cui non aveva colpa alcuna, nonostante il suo interlocutore tentasse di far finire quella tempesta di venie inutili senza riuscire a farsi sentire.
- Ciao, senti, ci... ci devi scusare, è che a volte nostro fratello è così deficiente e ci mette in imbarazzo, e non volevamo assistessi alla scena, immagino che ti sia sentito di troppo comunque e volevo che sapessi che non lo eri, cioè, non per noi ecco -
- Ma no, figurat... -
- E poi scusa per non averti richiamato, in realtà abbiamo finito tutto in fretta, scusami, ti avevo detto di rimanere a cena ed invece... -
- Tranquill... -
- No, cioè, devi scusarmi, è che... poi manco mi sono accorta che te ne fossi andato, scusami, non ci ho proprio pensato e... -
- Beh, è compr...
- E poi, poi... poi devi scusarmi ancora, per questo -
E lo baciò. Lì per lì Marco fu talmente sorpreso da sentirsi svuotato e riempito in un attimo, e non pensò a null'altro; più tardi si sarebbe chiesto come mai, che era strano, che aveva sentito più affine Amelia, che non gli era mai capitato che una ragazza prendesse iniziative del genere, semmai gli era successo di essere sedotto, ma mai di non fare la prima mossa, e che...
- E scusami, devo andare, ci vediamo dopo. Buona notte!! -
...se ne fosse andata così, lasciandolo interdetto come mai nella sua vita. Ma alla fine prese sonno.

Il giorno successivo andò dalle ragazze in ritardo, ancora stranito, ed incerto sul fatto che fosse davvero accaduto, col dubbio del sogno.
Andarono in un paesino lì vicino, anch'esso con un bel castello, dato che Aurora era una appassionata di quelle imponenti costruzioni.
Per tutta la giornata Marco tentò di cogliere dei segni dalla sportiva, ma sembrava che questa non gli desse particolare peso, non più del giorno prima insomma, non uno sguardo di complicità, non uno strusciarsi dolce, non un'occhiata intima, nulla!!
La sera mangiarono al paesino, e dato che Aurora era stata singolarmente colpita dal castello locale, perfettamente conservato, al centro di un azzurrissimo lago, tornarono poi nello splendido monumento.
Poche cose possono essere suggestive quanto un castello su un lago di notte con la luna piena: i tre si incantarono per ore ad osservare il cielo stellato ed il paesino in procinto di andare a dormire.
Parlaron molto quella sera, e Marco tentò di scoprire qualcosa di più sulla più riservata delle sorelle, quella che inaspettatamente l'aveva (forse) baciato, ma ne cavò solamente aneddoti che riguardavano entrambe.
Una cosa comunque gli fu chiara: nonostante fosse un'attrice ed una ballerina, Aurora era più un'ascoltatrice, un'osservatrice, una timida ragazza che non sapeva ben esprimersi; al contrario la sorella parlava di qualsiasi cosa, ed amava intrattenere la gente, stuzzicarla, anche a costo di scatenare diverbi più o meno accesi su cose più o meno importanti, e si divertiva un mondo a farlo.
Ma il castello, per quanto fantastico e magico, aveva uno staff che ad un certo punto doveva staccare da lavoro, e quando furono avvertiti da un guardiano che di lì a poco avrebbero chiuso, una lieve melanconia li prese.
Erano seduti, sotto i merletti, e di controvoglia si alzarono. Ma dopo qualche passo Amelia mise un piede in fallo, e prese una lieve storta.
- Uff, sei sempre la solita, devi stare più attenta!! - la riprese la sorella
- Già. Ora però va' a prendere la macchina e vieni qui sotto, così ci muoviamo. Marco mi aiuterà, vero? -
- Beh, certo, non serve neanche dirlo -
- Bene, allora vado, vi aspetto giù – disse infine Aurora, scendendo di corsa le scale
-Oddio, speriamo non scivoli pure lei – commentò Marco
- No, non è imbranata come me. Più che altro, credo non sia gravissimo, riesco a poggiare un po' il piede ved- ahia!! -
- Si, certamente. Guarda che se vuoi ti porto in braccio -
- Ah-ha, così sarei patetica agli occhi di tutti -
- Se sento qualcuno ti butto giù ok? -
- Uhm, potrebbe funzionare, potrei anche dirti di si – rispose lei in tono scherzoso. Ma il ragazzo non se lo fece ripetere due volte, l'afferrò per i fianchi e la sollevò, e via di corsa per le scale.
- Ma sei scemo? Guarda che adesso sei tu quello che cade idiota!! -
- Ma vattene, mi dai così poco credito? Mi offendo eh!! -
- D'accordo, ce la fai, ma mettimi giù ora, mi basta un appoggio -
Marco sapeva quando smettere di stuzzicare gli altri, e la poggiò immediatamente a terra, con estrema delicatezza.
- Bravo, sei un buon cavaliere. Ora aiutami senza strafare -
E presero a camminare lentamente, in uno strano silenzio.
Non era quel tipo di silenzio imbarazzato di due persone che a fine giornata non sanno più che dirsi, ma un silenzio complice, intimo, di due persone che hanno tanto da dirsi che le parole son di peso, e lasciano gli occhi, i corpi, i movimenti della bocca come forma di comunicazione.
Non ci fu un momento preciso, ma ad un certo punto i due si ritrovarono tanto stretti che le loro labbra si incontrarono, e quando si separarono tanto più non ci fu bisogno di suoni.
Arrivarono giù, dove Aurora li attendeva in macchina, Amelia si mise dietro, per potersi sdraiare un po', e Marco prese posto accanto alla conducente.
Il ritorno fu teso per il ragazzo, che ringraziava i giocosi battibecchi fra sorelle sul piccolo incidente per concedersi un momento di lucida riflessione. Non era uno di quelli che riescono a far finta di nulla, e stare con più persone insieme, e sebbene quel che era successo si avvicinasse in modo inaspettato alla sua fantasia, viverla non era altrettanto piacevole. Ad un certo punto non ce la fece più, e dovette interrompere le ciarle delle due.
- Aurora, tu... mi hai baciato vero? - domandò a bruciapelo, esitante; la macchina sbandò un po'.
- Eh? Beh... - cominciò l'interpellata, lanciando un'occhiata nello specchietto retrovisore cercando la sorella, senza successo – io... io direi proprio di si, che... che razza di domanda è? Te lo sei scordato? -
- È che... niente, è che pure con Amelia... - la macchina sbandò un po' di nuovo, e la tensione cominciò a sentirsi, con le sorelle in silenzio, curiose e furiose – Cioè, non voglio che capiate male, mi... mi piacete molto, ma so che non è che possa stare con entrambe quindi... ehi, badate che lo dico con rammarico, è che credo che per il resto della vacanza, se vogliamo stare tranquilli... beh, cioè, facciamo finta di niente no? Tanto cosa sarebbe, un'avventura di una settimana e qualcuno coverebbe dei rancori no? Cioè... non so, dite qualcosa!! -
- Beh, direi che è fatta, va bene così – si affrettò a rispondere Amelia – Sei stato proprio un caro ragazzo a dirlo così, bravo. Magari potevi dirmelo prima di baciare anche me, ma non importa -
- Uh-hu – fu il solo commento di Aurora.
Il resto del viaggio fu silenzioso, stavolta di quel silenzio scomodo in cui si nascondono cose che vorrebbero essere dette ma che si preferisce tacere. E dopo aver accompagnato le due in camera ed aiutato l'infortunata a salire sul letto, sulla soglia dell'uscio Aurora intimò al ragazzo sottovoce di non aspettarla sveglio, e di dar loro un paio di giorni magari.
Chiunque avrebbe colto un “non farti vedere più” in quelle raccomandazioni, e Marco non era da meno.

I giorni seguenti per Marco passarono lentamente, noiosi, con la sorellina piccola che chiedeva sempre delle sue “fidanzate”, coi genitori che tentavano di portarlo al mare almeno di pomeriggio, e che ad ogni diniego proponevano la mediazione offerta dalla piscina, ma con scarso successo.
I pomeriggi erano occupati da film, come prima dell'incontro della perduta compagnia, e l'umore di Marco non fu particolarmente turbato finché non si ritrovò a guardare un film consigliato da un amico, chiamato Jules e Jim. Dopo quel film su un tragico triangolo amoroso, i libri diventarono l'unico passatempo.

Passarono così cinque giorni, ed i familiari del ragazzo erano sempre più preoccupati, e tentavano sempre meno velatamente di farsi dire qualcosa, ma Marco era un muro di silenzio, e quando proprio non ce la faceva a sopportare quelle attenzioni rispondeva in malo modo, invitandoli ad andarsene e lasciarlo solo.
Poi di sera del sesto giorno, intorno alle sette circa, bussò qualcuno. Marco era solo in casa, e subito pensò che la sorellina avesse scordato come al solito qualcosa, ed aprì senza pensarci, pronto a rimproverare quella piccola peste; proprio non si aspettava di vedere le due gemelle, che una dopo l'altra si buttarono sulle sue labbra, per poi chiudere la porta e stare ferme, in attesa di una risposta del ragazzo.
- Ma... e questo? - chiese infine, sedendosi sul letto sfatto.
- Perché non sei più venuto? - chiese Aurora.
- Beh, mi era sembrato di capire che non mi voleste più vedere -
- Ti avevo detto di tornare dopo un paio di giorni, no di non farti più vedere -
- Sì, sì, ma insomma!! avreste inteso anche voi così dopo quello che è successo no? E poi cos'è questa cosa? Cioè, venite qui, e... -
- Ci abbiamo pensato. Ne abbiamo parlato – prese a spiegare Amelia – e non ci sembrava bello trattarti come se niente fosse. Non era giusto. E poi che diamine!! siamo sorelle, ci vogliamo bene, se ci piace una persona non è giusto tenersela per sé, o privarcene reciprocamente. Quindi, questo è il patto: noi stiamo... beh, diciamo che stiamo insieme in tre, ma se troviamo un altro uomo tu non fai il geloso -
- Eh? - grugnì incredulo il ragazzo – Ma... siete serie? -
- Direi proprio di sì. In fondo pensaci: dovresti conoscerci abbastanza da capire che se ci piaci non è perché sei un figo della Madonna ma perché sei interessante. Non che non ti trovi attraente, ma non è la cosa importante. Se io, o Aurora, o entrambe proviamo interesse per qualcun altro, probabilmente sarebbe qualcuno con cui abbiamo qualcosa in comune, e quindi anche tu, non ti sembra logico? -
- Uhm... - non sembrava così logico alle orecchie di Marco, ma dopo un attimo di riflessione quel discorso concitato cominciava ad avere un senso – Ma questo vuol dire che se trovassi un'altra ragazza...? -
- Ehi, non montarti la testa ora!! Cioè, si, se la trovi... in teoria si, ma... oh, che cazzo, la maggior parte dei ragazzi si accontenterebbe!! -
E risero. Risero tutti e tre insieme, come se quella discussione non avesse importanza, difatti l'abbandonarono per più mondane e spensierate occupazioni.
Amelia voleva andare assolutamente al karaoke del villaggio almeno una volta, e dato che era ancora un po' zoppicante ed era tardi per andare da qualsiasi parte, gli altri due furono d'accordo.
Si prepararono dei panini al volo e scesero di corsa, tanto che quando incrociarono i genitori di Marco di sotto, questi nemmeno se ne accorse.
Il karaoke quella sera fu praticamente solo loro, che si alternavano, o cantavano insieme, con un po' di perplessità degli altri cantanti improvvisati e degli animatori, ma nessuno si lamentò; ed a fine serata, quando l'animatore annunciò l'ultimo brano, addirittura alcuni ragazzi spinsero perché i tre cantassero ancora. Nonostante la tensione per le aspettative, i tre allietarono gli avventori con la Donna Cannone di De Gregori.
Si allontanarono quindi dal piano bar, ed andarono a rifugiarsi dietro un cespuglio vicino all'entrata, chiusa a quell'ora, della piscina. Dopo un po' di commenti alla serata, ad Aurora venne voglia di nuotare, e si alzò per scavalcare il cancelletto della piscina; gli altri due tentarono di dissuaderla, ma fu lei ad averla vinta infine, e tutti e tre si ritrovarono oltre l'ostacolo, e venne naturale spogliarsi per farsi un paio di tuffi in piscina.
Nonostante il chiasso e le risate per nulla trattenute, nessuno scoprì il loro bagno clandestino, lungo un attimo per loro, un paio d'ore per il mondo lì attorno; e quando le ossa e la pelle cominciarono a reclamare pietà, solo allora decisero di uscire.
Quel che accadde dopo fu molto spontaneo: mentre si asciugavano, i tre presero a stuzzicarsi a vicenda, finché non si ritrovarono a terra, sul bordo della piscina, coi loro tre corpi come uno solo, in un crescendo di libido.
Ma non era il caso, ebbe la lucidità di pensare Marco, non avevano preservativi; e di malavoglia dovettero interrompere le loro pratiche. Non che ne fecero un dramma, ma a tutti rimase un senso di incompletezza in quella serata, tant'è che le due sorelle ci misero un po' prima di lasciare il loro ragazzo, facendo quasi l'alba in sua compagnia.
Quando furono andate, Marco non sapeva che fare. Tornare in stanza a dormire non avrebbe portato a nulla, tornare a prendere un libro poteva svegliare la sorellina, ed in giro non c'era molto da fare: decise quindi di farsi una passeggiata fino in paese, lì vicino, per trovare una farmacia con un distributore di preservativi fuori.
La camminata durò quasi un'oretta, ed il ragazzo ebbe modo di riflettere su quel che avevano interrotto, quello per cui adesso si stava adoperando. Non tornò particolarmente contento dalla passeggiata: aveva paura. Paura di non essere bravo, di non riuscire, con due ragazze, ad essere al meglio, ad essere soddisfacente; si sentiva un po' come quando perse la verginità, ma si rese conto che vi era un valore aggiunto, un sincero interesse per il piacere delle altre. Fu allora che per la prima volta nella sua vita pensò di essere innamorato, un pensiero timido, che subito ricacciò nella testa, ma che pian piano, lo sapeva, stava attecchendo.
Per dimostrare a se stesso che non era così, appena tornato in camera, nascosto il nuovo, imbarazzante pacchetto, si chiuse in bagno per masturbarsi, anche per dare pace ai suoi organi in fibrillazione. Non ci mise molto, ma ogni secondo che passava gli veniva in mente che forse non avrebbe dovuto, che in effetti era una mancanza di rispetto nei confronti delle due gemelle, tanto che, andando a letto, nonostante il sonno ormai sopraggiunto non riuscì ad addormentarsi presto, tormentandosi per quel suo gesto, fino al giorno prima così consueto e naturale.

Il giorno successivo cominciò in maniera seccante per Marco, con la sorellina che non la smetteva di ripetere quanto fossero belle le sue fidanzate, ed i genitori che tentavano di capire come mai tanta felicità il giorno prima, tanto da non notarli nemmeno, ponendo domande a cui il ragazzo non voleva rispondere, e che riuscì abilmente a glissare, o magari i suoi glie lo permisero.
Passato il claustrofobico pranzo, Marco non perse tempo e scese subito per andare dalle ragazze, che l'accolsero con particolare gioia; domandando come mai tanta felicità, le due fecero le misteriose e gli comunicarono la loro tappa di quel giorno: un'altra città con un altro castello, tanto per cambiare.
La gita fu piacevole, ma il ragazzo aveva una strana sensazione addosso, vedendo tutto il giorno le gemelle scambiarsi sguardi d'intesa ma non riuscendo a carpire nessuna informazione a riguardo.
Il mistero fu svelato in macchina: Fulvio e Michela quella notte sarebbero stati ad un falò in spiaggia, di modo che la loro camera sarebbe stata libera, e che avrebbero potuto continuare quel che il giorno prima avevano dovuto interrompere.
Marco tornò tutto eccitato in camera sua, con la scusa di una doccia, per prendere i preservativi, e sotto l'acqua si concesse un altro momento intimo, sperando di durare di più quella notte.
E finalmente venne il momento. Dopo cena, le parole svanirono lentamente, diventando sempre più di troppo, ed in modo naturale si spostarono sul letto di Fulvio, l'unico matrimoniale, ed il turbinio di passione iniziò, intenso come mai nelle vite dei tre.
Il tempo sembrava immobile nell'atto, le carni, una ed unica.
Almeno finché, con un baccano infernale, Fulvio e Michela tornarono inaspettatamente a casa.
Gli altri tre si fermarono, e quanto più velocemente possibile tentarono di rivestirsi, ma il fratello spalancò la porta subito, ed attonito si ritrovò a guardare i tre colti sul fatto.
Fulvio era chiaramente ubriaco, e Michela forse addirittura in come etilico, ma lui la buttò a terra e lanciò con forza la bottiglia di birra ancora piena che aveva in mano verso l'altro ragazzo, mancando vistosamente il bersaglio e schiantandosi sul muro alle sue spalle.
- Brutto figlio di puttana!! Tu, tu... tu vieni qui, no? E ti fotti mia sorella... e non una, ma tutte le mie sorelle, brutto stronzo!! E... e nel mio cazzo di letto!! E voi due troie... che cazzo vi viene in mente? Brutte succhiacazzi di merda... andate via, via tutti, o giuro che vi ammazzo come state, tutti e tre!! -
E senza una parola gli interessati filarono via dalla stanza, mentre il beone metteva la sua ragazza sul letto, mentre, senza nemmeno la forza di tornare nella stanza accanto, continuava ad urlare.
- E non farti più vedere, coglione!! Giuro che ti ammazzo se ti rivedo, e voi due troie non pensate di uscire, da domani!! - e così via, anche dopo che l'ospite sgradito se ne fu andato.
E mentre Marco fuggiva di soppiatto e Fulvio smetteva di sbraitare per cominciare ad ansimare, facendo sesso con una immobile Michela, le due gemelle so guardarono negli occhi.
Nonostante la disavventura, ad entrambe era piaciuta la serata, o almeno l'idea, ed essendo state per la seconda volta interrotte, entrambe cogitavano di soddisfarsi da loro, o meglio, tra di loro.
In fondo, il sesso, il fare l'amore, quella strana sera aveva acquisito un nuovo significato, era una manifestazione di affetto, un dimostrare il bene verso qualcun altro, e loro due sicuramente si volevano molto bene.
Così, pian piano, quando il loro rozzo fratello ebbe finito coi grugniti di piacere, le due cominciarono a toccarsi con affetto, capendosi al volo, pur ridacchiando un po', imbarazzate da quella nuova situazione, ma con un'intesa perfetta.
E mentre si davano piacere in modi che mai avevano usato prima, non si accorsero che il fratello, ancora sveglio, le stava spiando, praticamente dall'inizio, avendole colte mentre andava in bagno.

L'indomani mattina, in camera delle ragazze il risveglio fu teso. Aurora non perse tempo ed andò a correre, con l'intento di tornare dopo pranzo, passando prima da Marco, per chiarire un po' quel che era successo.
Michela si svegliò nuda, con l'esigenza di vomitare, ed occupò il bagno per più di un'ora rigurgitando tutto quel che aveva bevuto e mangiato la sera precedente.
Amelia si svegliò a quei poco piacevoli suoni, così come pure Fulvio, che si assicurò con un urlo svogliato che la sua ragazza stesse bene. Chiaramente non stava bene, ma il ragazzo non lo capì.
Il fatto è che aveva un solo pensiero in testa, e quando uscì dalla sua stanza era nudo, e si presentò davanti alla sorella rimasta, che tentava di distrarsi leggendo, e richiamò la sua attenzione.
- Ami, con me puoi farlo se vuoi -
- Eh? - commentò la ragazza, tentando di mantenere gli occhi sul libro.
- Dai, vi ho viste ieri, tu e Aurora. E poi con quello, che volevate fare una cosa a tre. Ma insomma, me lo potevi pure dire, io e Michi ti avremmo fatto partecipare, a tutt'e due pure. E visto che sei andata in bianco, ti do l'opportunità di farlo adesso, poi quando Michi esce si aggiunge, e pure Auri quando torna -
La ragazza oramai non ce la faceva più, lo guardava sbigottita, tentando di convincersi di aver capito male, ma un movimento poco casuale di bacino del fratello fece cadere ogni speranza in quel senso.
- Fu', è una cosa che fa schifo!! Cioè, sei mio fratello!! -
- Ed Aurora è la tua cazzo di sorella!! - tuonò l'altro – Che cazzo di differenza fa? Vuoi godere no? è quello che vogliamo tutti, cazzo, e non dire di no. Ti sto dicendo che se proprio vuoi far rimanere tutto in famiglia puoi cominciare a succhiarmi l'uccello, poi ci penso io!! -
- Tu sei malato. Me ne vado, torno quando avrai smaltito del tutto la sbornia – replicò lei, alzandosi cautamente dalla sedia, libro alla mano, e mano tremante. E quando quella stessa mano si poggiò sulla maniglia, neanche il tempo di un sospiro di sollievo che il fratello le diede una manata dietro la testa, facendola sbattere con violenza contro la porta.
- Ma allora sei proprio una puttana!! Ti ho detto ieri che non dovevi uscire, né tu né Auri, che cazzo fai? Già quell'altra stronza non mi è stata a sentire!! - diceva mentre la prendeva a schiaffi e tentava di costringerla a terra.
Amelia passò un'eternità tentando di divincolarsi dal fratello, ma alla fine ce la fece, e si fiondò sulla porta, ma l'altro l'afferrò per la caviglia facendola ricadere a terra, e senza nemmeno rendersene conto le saltò addosso, ficcandole un dito nell'occhio sinistro e spingendo, tra le urla straziate della sorella, che con sempre meno forza cercava la maniglia da terra.
Fulvio fu interdetto dal suo gesto, e per un attimo lasciò la presa, un attimo sufficiente alla sorella ad alzarsi e spalancare la porta con forza, colpendo il corpo di lui, che fu costretto a spostarsi dal dolore al costato, lasciando così uno spiraglio per la fuga della ragazza, che ne approfittò senza perder tempo.
La cosa inaspettata fu che nel corridoio si era radunata tantissima gente, richiamata dagli schiamazzi ed i rumori, e subito l'accorsero, portandola via da quella camera, nella hall, mentre qualcuno stava chiamando la polizia, dicendo di chiamare anche un'ambulanza.
Altre persone si fiondarono dentro a bloccare il ragazzo ed assicurarsi che non scappasse, e lo portarono nella hall, dove si stava radunando un sostanzioso gruppo di curiosi, e dove ormai la ragazza giaceva svenuta per il dolore, medicata all'occhio da un medico ospite del villaggio.
Fra la folla incuriosita ovviamente i bambini venivano portati via, anche perché il ragazzo sbraitava, inveiva e bestemmiava, ma una bambina in particolare riconobbe la ragazza, in un attimo, prima che i genitori la presero per portarla via; ma la piccola si divincolò e corse per le scale, fino ad arrivare alla sua camera, bussando coi pugnetti quanto più forte le riuscisse sulla porta, finché il fratello, insonnolito, non aprì.
- Vale... che vuoi? Hai dimenticato qualcosa? -
- Marco!! La tua fidanzata sta male!! -
- Ch... cosa? -
- La tua fidanzata coi capelli rossi, sta giù, ha la faccia coperta da bende!! - spiegò la piccola Valentina, e quasi a confermare le sue parole si cominciarono a sentire in lontananza delle sirene, sempre più vicine.
Senza una parola di più, il ragazzo prese in braccio la sorellina, la baciò sulla fronte e corse con lei giù, raccomandandosi di andare al mare con mamma e papà, che se la sarebbe vista lui, che lei non doveva stare lì. E mentre scendeva le scale sentiva anche la voce di Fulvio, che adesso stava spiegando quel che era successo in maniera concitata e per nulla chiara, ma in compenso molto volgare.
Una volta giù andò dai suoi, consegnò la sorellina ai suoi ed intimò di andare, che se la sarebbe vista lui e che la piccola non doveva sentire quella roba, ed i suoi furono d'accordo. Il padre si offrì in realtà di restare, ma Marco fu categorico, voleva stare solo con Amelia, così andò anche lui.
Ed appena usciti, entrarono insieme poliziotti, o.s.s. ed Aurora, che era stata richiamata da una brutta sensazione, acuita dalle sirene. Non le ci volle nulla a capire quel che era successo, e si fiondò sulla sorella, accanto a Marco, impedendo per un attimo il passaggio dei barellieri.
Marco ed Aurora si allontanano piangendo da Amelia, stringendosi l'un l'altra, guardando con impazienza il passaggio dal divano alla barella, mentre il medico diceva cosa le era successo.
E mentre la portavano via, ed i poliziotti portavano via Fulvio, questi prese ad urlare con più chiarezza:
- Eccola!! È nostra sorella, le ho trovate a fare sesso tra di loro, cagne bastarde incestuose, e pure con quello lì, ma l'ho cacciato, e loro hanno continuato!! L'ho fatto per l'onore, l'onore di famiglia, dovevo punire quelle due!! -
E così via, mentre veniva portato fuori, seguito con attenzione dai presenti, che per un attimo rimasero in silenzio, scandalizzati dalla dichiarazione finalmente chiara di quel folle.
In pochi secondi si formò un vociare sommesso e pressante, e centinaia d'occhi si fissarono sui due che, immobili, abbracciati, piangevano ed ascoltavano le parole confuse di quei giudici.
Aurora chiese allora all'altro, singhiozzando, sussurrando:
- Che... che facciamo adesso? -
-Non lo so. Ma per ora... direi di chiudere occhi ed orecchie ed andare, questa gente ora sta parlando di noi -

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