di Luca Milani, ex studente di cinema campano, trapiantato nella città delle due torri.
Le due di notte. Molta gente a quest’ora dorme, o si
appresta a farlo, o si lamenta perché è tardi e dovrebbe farlo.
Anche d’estate le due di notte è un orario in cui il sonno
è d’obbligo o quasi, magari i giochi e le chiacchiere in vacanza permettono a
tutti di non essere troppo rigidi sull’orario, ma l’abitudine solitamente ha
comunque la meglio.
Ma Marco non la pensa così. Marco alle due di notte è
sveglio, vigile, attivo… il che per la verità gli crea non pochi problemi
solitamente. In particolare quando si è in vacanza in un villaggio, in camera
con la sorellina di otto anni dal sonno leggero e due genitori nella stanza di
fianco pronti a rimproverarti se la piccola dorme poco per colpa delle tue
bizzarre abitudini.
Per questo, verso le due di notte, Marco sgattaiolava
puntualmente fuori dalla camera armato di libri e computer per andare nella
hall dell’albergo a passar la notte, tornando solo al sopraggiungere del sonno,
del senso di colpa o dell’alba, quello che veniva prima.
Quell’anno stava lì da pochi giorni, seduto a vedere
Sunset Blvd. sul portatile, seduto su una delle comode poltrone della hall, che
ebbe per la prima volta compagnia.
Difatti, verso le quattro, una bella ragazza, bassina, dal
viso gentile sotto dei corti capelli rosso rame e dagl’occhi del colore
dell’acquamarina, si presentò nella sala comune barcollando, evidentemente
stanca, facendosi aria con una copia di Guerra e Pace, che appariva intonsa;
dopo aver visto quello strano ragazzo assorto nel suo film, la ragazza si fermò
perplessa, poi scosse la testa e si sedette su di un divano li di fianco a
leggere: solo allora Marco si accorse di lei.
Nel giro di pochi minuti il film finì, e così Marco si
liberò delle cuffie e prese a leggere anche lui, un po’ imbarazzato.
Chiaramente, in una situazione del genere l’imbarazzo
dell’involontaria atmosfera quasi intima che si crea non lascia scampo ad
occhiate incuriosite e complici, con la funzione di scegliere chi fra le
persone coinvolte debba prendere l’iniziativa e cominciare un’impacciata
conversazione, ed alla fine tale responsabilità ricadde sulla ragazza, oramai
completamente sveglia:
- Ahem… che leggi? –
- Ah, è… It, di Stephen King – rispose Marco mostrando la
copertina del sul libro – e tu Guerra e Pace, vedo. Ci vai leggera –
- Sì… -
- Sai, è… è la prima volta che vedo qualcuno qui a
quest’ora, credevo di essere l’unico sveglio a quest’ora –
- Beh, non sono un’habitué in realtà, è che stanotte mi
son svegliata e non sono riuscita a prendere sonno, e sai, per non disturbare
mia sorella… -
- Ah idem, capisco, anch’io son qui per colpa di mia
sorella. Però vengo qui tutte le notti in realtà –
- Davvero? E come mai sei sempre sveglio? –
- Beh, è… un vizio che ho, mi addormento tardi, poi non mi
piace molto andare al mare quindi mi fa comodo, almeno la mattina me lo scanso
con la scusa che devo dormire –
- Non ti piace il mare? Ah, questa non me l’aspettavo!!
Uno in un villaggio vacanze a cui il mare non piace!! E come mai sei qui,
allora? –
- Beh, è che durante l’anno sto fuori casa per studio, e
d’estate ne approfitto per stare coi miei, e purtroppo alla fine mi ritrovo
sempre qui per un paio di settimane –
- Che storia strana… -
- Già… Comunque non ci siamo presentati, io sono Marco –
annunciò infine, tendendo la mano
- Ah, che stupida, vero… Amelia, piacere –
E dopo una stretta di mano, già erano aperti l’uno con
l’altra, come amici di vecchia data che non si vedono da anni, legati dalla
notte complice.
Parlarono, parlarono e parlarono ancora, di quel che
facevano, dei loro sogni, delle loro vite.
Amelia raccontò di star facendo l’università, secondo anno
di antropologia, ma di voler fare la cantante: difatti cantava con un gruppo
rock, ma senza particolare successo, non più degli altri gruppi cosiddetti
emergenti comunque, ma poco le importava, sapeva che era quello che voleva
fare.
Marco invece stava per laurearsi in lettere, e non aveva
idea di dove andare a finire una volta terminata pure la magistrale. Il suo
sogno era aprire una libreria, ma non nutriva troppe speranze in proposito, non
coi tempi correnti almeno.
Amelia chiese pure da quanto fosse lì, e scoprirono di
essere arrivati entrambi il sabato precedente, e che per due settimane
sarebbero stati entrambi lì.
Data l’avversità di Marco per il mare e l’inclinazione di
Amelia e della sorella di andare girando per città il pomeriggio, la ragazza
propose di far loro compagnia, qualche volta; inutile dirlo, il giovane fu
lesto come poche altre volte ad accettare.
Tante le chiacchiere, tante le risate, le discussioni e
gli scontri verbali, che i due non si accorsero del sole che prepotente
imponeva la sua presenza all’orizzonte, finché non sentirono il rumore di
scarpe riecheggiare nella hall.
Voltisi verso la fonte di tale rumore, Marco per rimase
per un attimo parecchio interdetto: una ragazza uguale ad Amelia, fatta
eccezione per il colore scuro dei capelli e forse per l’altezza, camminava in
tenuta da jogging, con cuffie nelle orecchie.
Amelia invece arrossì leggermente, ma fece segno
all’altra, dal canto suo perplessa, di venire verso di loro. Si scoprì così che
la misteriosa ragazza era sua sorella gemella, Aurora (“Mai nome più opportuno,
sembrerebbe!!” commentò Marco).
Venne fuori che Aurora si svegliava presto per correre,
ovviamente, e che neanche aveva notato l’assenza della sorella dalla camera
quella mattina; ma la chiacchierata con lei fu meno intensa e soprattutto più
breve: chiaramente era l’ora di dormire per gli esseri notturni, ed i due in
questione erano meno vivaci oramai. Ad ogni modo, si salutarono con la promessa
di vedersi nel pomeriggio, per fare un giro in qualche città vicina.
Quando Marco si svegliò, il suo pensiero andò subito alle
due ragazze conosciute quella curiosa mattinata: e non poté non pensarci pure
durante il pranzo, e dopo, addirittura in due ore lesse non più di un paio di
pagine del suo libro, catturato da quei pensieri persistenti. Certamente era
indubbio che entrambe le ragazze fossero particolarmente belle, ed è indubbio
che i ragazzi, soprattutto verso una certa età, comincino a fantasticare sul sesso,
creando ognuno le proprie manie e perversioni. Una delle più comuni e note
fantasie, inoltre, riguarda proprio la possibilità di unirsi a due gemelle
insieme, e Marco non era particolarmente originale in questo senso; e sebbene
fosse sicuro che non sarebbe mai successo nulla con entrambe, fantasticare non
costava niente.
E poi finalmente vennero le quattro del pomeriggio: il
ragazzo disse alla sorellina che usciva con delle amiche e di dirlo ai
genitori, che stavano dormendo, raccomandandosi di non aspettarlo per cena, e
fuggì.
Arrivato davanti alla camera delle ragazze, prese un bel
respiro e bussò; quando gli aprì la porta un ragazzo all'incirca della sua età,
dagli occhi arrossati e con una birra mezza vuota in mano, non è difficile
immaginare l'imbarazzo ed il disappunto che si dipinsero sul suo volto.
- Ahem... ciao, sono Marco, cercavo... Amelia ed Aurora -
- Ah, sei tu quello... io sono Fulvio – disse l'altro,
allungando la mano.
In effetti le ragazze avevano accennato al fatto che erano
in vacanza col fratello e la sua ragazza, ma a Marco quell'informazione era
passata subito di mente, fino ad allora. Ad ogni modo, vedendo bene il l'ospite
che l'aveva accolto, Marco notò una certa somiglianza con le gemelle, sebbene
il fratello sembrasse aver deturpato la radiosità naturale del viso, per far
posto ad un'aria da duro che cozzava non poco coi lineamenti che ancora si
intravedevano.
Subito dopo la stretta di mano, arrivò pure un'altra
ragazza, in bikini rosa con dei brillantini, ad abbracciare Fulvio da dietro e
tendere la mano, sorridente.
- Michela, piacere!! Dai, entra, Aurora sta facendo la
doccia ed Amelia dovrebbe arrivare a momenti -
- Si, si, entra – ribadì il suo fidanzato.
Sebbene vagamente infastidito dal modo strafottente del
fratello delle gemelle, Marco entrò senza farselo ripetere, e si sedette sul
divano.
Nei minuti che seguirono ebbe modo di farsi un'idea chiara
su Fulvio: un coglione, un cafone che aveva la fortuna evidente di vivere in
una famiglia migliore di quella che si potesse pensare vedendolo, possessivo
nei confronti della propria ragazza ed anche delle sorelle, ma che tuttavia si
sforzava d'essere gentile.
Michela invece, dopo un'entrata felice, aveva perso man
mano punti, dato che il suo contributo a quella sconcertante conversazione era
o di supporto a cose che il ragazzo diceva o un promemoria, per ricordare che
le gemelle si sarebbero aggiunte presto a loro.
Purtroppo, “presto” fu circa una mezz'oretta, un piccolo
suplizio.
Ma alla fine Aurora uscì dal bagno, già vestita, coi
capelli neri ancora bagnati, che la facevano apparire più sbarazzina di quanto
già non fosse: quella visione fece rilassare Marco, ed anche i suoi
intrattenitori, che si sentirono liberi di tornare nella loro camera da letto.
- Ciao, spero non stia aspettando da molto -
- No, solo una decina di minuti direi -
- Ah bene... sai, spero che Fulvio non ti abbia messo in
imbarazzo, è una cosa che gli riesce particolarmente bene -
- No, no, figurati, abbiamo fatto due chiacchiere -
- Bene, sono contenta!! Senti, allora, Amelia dovrebbe
tornare a breve, è andata a fare un po' di spesa, è strano che non sia ancora
tornata -
E come a contraddire l'ultima affermazione,un rumore di
chiavi infilate nella serratura spezzò l'attesa.
Ci sono vari motivi per cui una persona dovrebbe metterci
moltissimo tempo per fare la spesa: può essere colto da voglie spasmodiche di
qualsiasi cosa gli scaffali offrano, o magari potrebbe non esser certo di nulla
di ciò che prende, e che posa, ri-posa, ri-prende e così via finché non decide
che fare della cena, oppure c'è la possibilità che si perda tempo a scegliere
fra il comprare cose di qualità ma costose per far colpo su un invitato a cena
o il risparmio, dati i lamenti del portafogli.
Ma molto, molto difficilmente si viene bloccati in un
minimarket vicino ad un villaggio vacanze perché un turista tenta di rubare,
non vedendo apparecchi antitaccheggio, vari chili di pasta dentro uno zaino
rotto, ovviamente con poca fortuna e con una conseguente goffa fuga; ma Amelia
ebbe questo privilegio. Ovviamente le formalità successive, arrivo di polizia,
un po' di domande in giro, ed una buona mezz'ora se ne vola.
Ad ogni modo, dopo un'euforica spiegazione, un'accesa
discussione ed una frettolosa pianificazione della giornata, i tre scesero per
andare a visitare un castello in una città lì vicino.
Raramente Marco aveva passato una giornata così piacevole:
un bellissimo luogo, una compagnia da scoprire e, ad ogni parola, sempre più
interessante e piacevole, ed un insperato spettacolo di danza serale nel
cortile del castello... il tempo passò in un lampo.
Ma passò, e purtroppo a mezzanotte pure Cenerentola doveva
tornare a casa. La cosa positiva era che la serata non era finita, dato che non
avevano mangiato nulla.
Il ritorno in albergo fu però abbastanza spiacevole:
aperta la porta, i tre si ritrovarono davanti a Fulvio e Michela che ci davano
dentro nel letto di Aurora. Quello che seguì Marco non lo seppe proprio bene,
Amelia lo pregò di andarsene, e di tornare l'indomani.
Il ragazzo tornò nella sua camera un po' rammaricato da
quella conclusione inopportuna, ma non poteva farci nulla in fondo. Più che
altro, al momento era tremendamente dispiaciuto di aver detto ai suoi di non
preparare nulla per lui, aveva una fame terribile.
Passò la notte a digiuno, come suo solito nella hall, e
fece finta di non accorgersi del sole finché non sentì delle scarpe scendere le
scale.
Quando Aurora lo vide, gli andò subito incontro, e prese a
scusarsi per la scena, l'imbarazzo, il fratello, e tutta una serie di cose di
cui non aveva colpa alcuna, nonostante il suo interlocutore tentasse di far
finire quella tempesta di venie inutili senza riuscire a farsi sentire.
- Ciao, senti, ci... ci devi scusare, è che a volte nostro
fratello è così deficiente e ci mette in imbarazzo, e non volevamo assistessi
alla scena, immagino che ti sia sentito di troppo comunque e volevo che sapessi
che non lo eri, cioè, non per noi ecco -
- Ma no, figurat... -
- E poi scusa per non averti richiamato, in realtà abbiamo
finito tutto in fretta, scusami, ti avevo detto di rimanere a cena ed invece...
-
- Tranquill... -
- No, cioè, devi scusarmi, è che... poi manco mi sono
accorta che te ne fossi andato, scusami, non ci ho proprio pensato e... -
- Beh, è compr...
- E poi, poi... poi devi scusarmi ancora, per questo -
E lo baciò. Lì per lì Marco fu talmente sorpreso da
sentirsi svuotato e riempito in un attimo, e non pensò a null'altro; più tardi
si sarebbe chiesto come mai, che era strano, che aveva sentito più affine
Amelia, che non gli era mai capitato che una ragazza prendesse iniziative del
genere, semmai gli era successo di essere sedotto, ma mai di non fare la prima
mossa, e che...
- E scusami, devo andare, ci vediamo dopo. Buona notte!! -
...se ne fosse andata così, lasciandolo interdetto come
mai nella sua vita. Ma alla fine prese sonno.
Il giorno successivo andò dalle ragazze in ritardo, ancora
stranito, ed incerto sul fatto che fosse davvero accaduto, col dubbio del
sogno.
Andarono in un paesino lì vicino, anch'esso con un bel
castello, dato che Aurora era una appassionata di quelle imponenti costruzioni.
Per tutta la giornata Marco tentò di cogliere dei segni
dalla sportiva, ma sembrava che questa non gli desse particolare peso, non più
del giorno prima insomma, non uno sguardo di complicità, non uno strusciarsi
dolce, non un'occhiata intima, nulla!!
La sera mangiarono al paesino, e dato che Aurora era stata
singolarmente colpita dal castello locale, perfettamente conservato, al centro
di un azzurrissimo lago, tornarono poi nello splendido monumento.
Poche cose possono essere suggestive quanto un castello su
un lago di notte con la luna piena: i tre si incantarono per ore ad osservare
il cielo stellato ed il paesino in procinto di andare a dormire.
Parlaron molto quella sera, e Marco tentò di scoprire
qualcosa di più sulla più riservata delle sorelle, quella che inaspettatamente
l'aveva (forse) baciato, ma ne cavò solamente aneddoti che riguardavano
entrambe.
Una cosa comunque gli fu chiara: nonostante fosse
un'attrice ed una ballerina, Aurora era più un'ascoltatrice, un'osservatrice,
una timida ragazza che non sapeva ben esprimersi; al contrario la sorella
parlava di qualsiasi cosa, ed amava intrattenere la gente, stuzzicarla, anche a
costo di scatenare diverbi più o meno accesi su cose più o meno importanti, e
si divertiva un mondo a farlo.
Ma il castello, per quanto fantastico e magico, aveva uno
staff che ad un certo punto doveva staccare da lavoro, e quando furono
avvertiti da un guardiano che di lì a poco avrebbero chiuso, una lieve melanconia
li prese.
Erano seduti, sotto i merletti, e di controvoglia si
alzarono. Ma dopo qualche passo Amelia mise un piede in fallo, e prese una
lieve storta.
- Uff, sei sempre la solita, devi stare più attenta!! - la
riprese la sorella
- Già. Ora però va' a prendere la macchina e vieni qui
sotto, così ci muoviamo. Marco mi aiuterà, vero? -
- Beh, certo, non serve neanche dirlo -
- Bene, allora vado, vi aspetto giù – disse infine Aurora,
scendendo di corsa le scale
-Oddio, speriamo non scivoli pure lei – commentò Marco
- No, non è imbranata come me. Più che altro, credo non
sia gravissimo, riesco a poggiare un po' il piede ved- ahia!! -
- Si, certamente. Guarda che se vuoi ti porto in braccio -
- Ah-ha, così sarei patetica agli occhi di tutti -
- Se sento qualcuno ti butto giù ok? -
- Uhm, potrebbe funzionare, potrei anche dirti di si –
rispose lei in tono scherzoso. Ma il ragazzo non se lo fece ripetere due volte,
l'afferrò per i fianchi e la sollevò, e via di corsa per le scale.
- Ma sei scemo? Guarda che adesso sei tu quello che cade
idiota!! -
- Ma vattene, mi dai così poco credito? Mi offendo eh!! -
- D'accordo, ce la fai, ma mettimi giù ora, mi basta un
appoggio -
Marco sapeva quando smettere di stuzzicare gli altri, e la
poggiò immediatamente a terra, con estrema delicatezza.
- Bravo, sei un buon cavaliere. Ora aiutami senza strafare
-
E presero a camminare lentamente, in uno strano silenzio.
Non era quel tipo di silenzio imbarazzato di due persone
che a fine giornata non sanno più che dirsi, ma un silenzio complice, intimo,
di due persone che hanno tanto da dirsi che le parole son di peso, e lasciano
gli occhi, i corpi, i movimenti della bocca come forma di comunicazione.
Non ci fu un momento preciso, ma ad un certo punto i due
si ritrovarono tanto stretti che le loro labbra si incontrarono, e quando si
separarono tanto più non ci fu bisogno di suoni.
Arrivarono giù, dove Aurora li attendeva in macchina,
Amelia si mise dietro, per potersi sdraiare un po', e Marco prese posto accanto
alla conducente.
Il ritorno fu teso per il ragazzo, che ringraziava i
giocosi battibecchi fra sorelle sul piccolo incidente per concedersi un momento
di lucida riflessione. Non era uno di quelli che riescono a far finta di nulla,
e stare con più persone insieme, e sebbene quel che era successo si avvicinasse
in modo inaspettato alla sua fantasia, viverla non era altrettanto piacevole.
Ad un certo punto non ce la fece più, e dovette interrompere le ciarle delle
due.
- Aurora, tu... mi hai baciato vero? - domandò a
bruciapelo, esitante; la macchina sbandò un po'.
- Eh? Beh... - cominciò l'interpellata, lanciando
un'occhiata nello specchietto retrovisore cercando la sorella, senza successo –
io... io direi proprio di si, che... che razza di domanda è? Te lo sei
scordato? -
- È che... niente, è che pure con Amelia... - la macchina
sbandò un po' di nuovo, e la tensione cominciò a sentirsi, con le sorelle in
silenzio, curiose e furiose – Cioè, non voglio che capiate male, mi... mi
piacete molto, ma so che non è che possa stare con entrambe quindi... ehi,
badate che lo dico con rammarico, è che credo che per il resto della vacanza,
se vogliamo stare tranquilli... beh, cioè, facciamo finta di niente no? Tanto
cosa sarebbe, un'avventura di una settimana e qualcuno coverebbe dei rancori no?
Cioè... non so, dite qualcosa!! -
- Beh, direi che è fatta, va bene così – si affrettò a
rispondere Amelia – Sei stato proprio un caro ragazzo a dirlo così, bravo.
Magari potevi dirmelo prima di baciare anche me, ma non importa -
- Uh-hu – fu il solo commento di Aurora.
Il resto del viaggio fu silenzioso, stavolta di quel
silenzio scomodo in cui si nascondono cose che vorrebbero essere dette ma che
si preferisce tacere. E dopo aver accompagnato le due in camera ed aiutato
l'infortunata a salire sul letto, sulla soglia dell'uscio Aurora intimò al
ragazzo sottovoce di non aspettarla sveglio, e di dar loro un paio di giorni
magari.
Chiunque avrebbe colto un “non farti vedere più” in quelle
raccomandazioni, e Marco non era da meno.
I giorni seguenti per Marco passarono lentamente, noiosi,
con la sorellina piccola che chiedeva sempre delle sue “fidanzate”, coi
genitori che tentavano di portarlo al mare almeno di pomeriggio, e che ad ogni
diniego proponevano la mediazione offerta dalla piscina, ma con scarso successo.
I pomeriggi erano occupati da film, come prima
dell'incontro della perduta compagnia, e l'umore di Marco non fu
particolarmente turbato finché non si ritrovò a guardare un film consigliato da
un amico, chiamato Jules e Jim. Dopo quel film su un tragico triangolo amoroso,
i libri diventarono l'unico passatempo.
Passarono così cinque giorni, ed i familiari del ragazzo
erano sempre più preoccupati, e tentavano sempre meno velatamente di farsi dire
qualcosa, ma Marco era un muro di silenzio, e quando proprio non ce la faceva a
sopportare quelle attenzioni rispondeva in malo modo, invitandoli ad andarsene
e lasciarlo solo.
Poi di sera del sesto giorno, intorno alle sette circa,
bussò qualcuno. Marco era solo in casa, e subito pensò che la sorellina avesse scordato
come al solito qualcosa, ed aprì senza pensarci, pronto a rimproverare quella
piccola peste; proprio non si aspettava di vedere le due gemelle, che una dopo
l'altra si buttarono sulle sue labbra, per poi chiudere la porta e stare ferme,
in attesa di una risposta del ragazzo.
- Ma... e questo? - chiese infine, sedendosi sul letto
sfatto.
- Perché non sei più venuto? - chiese Aurora.
- Beh, mi era sembrato di capire che non mi voleste più
vedere -
- Ti avevo detto di tornare dopo un paio di giorni, no di
non farti più vedere -
- Sì, sì, ma insomma!! avreste inteso anche voi così dopo
quello che è successo no? E poi cos'è questa cosa? Cioè, venite qui, e... -
- Ci abbiamo pensato. Ne abbiamo parlato – prese a
spiegare Amelia – e non ci sembrava bello trattarti come se niente fosse. Non
era giusto. E poi che diamine!! siamo sorelle, ci vogliamo bene, se ci piace
una persona non è giusto tenersela per sé, o privarcene reciprocamente. Quindi,
questo è il patto: noi stiamo... beh, diciamo che stiamo insieme in tre, ma se
troviamo un altro uomo tu non fai il geloso -
- Eh? - grugnì incredulo il ragazzo – Ma... siete serie? -
- Direi proprio di sì. In fondo pensaci: dovresti
conoscerci abbastanza da capire che se ci piaci non è perché sei un figo della
Madonna ma perché sei interessante. Non che non ti trovi attraente, ma non è la
cosa importante. Se io, o Aurora, o entrambe proviamo interesse per qualcun
altro, probabilmente sarebbe qualcuno con cui abbiamo qualcosa in comune, e
quindi anche tu, non ti sembra logico? -
- Uhm... - non sembrava così logico alle orecchie di
Marco, ma dopo un attimo di riflessione quel discorso concitato cominciava ad
avere un senso – Ma questo vuol dire che se trovassi un'altra ragazza...? -
- Ehi, non montarti la testa ora!! Cioè, si, se la
trovi... in teoria si, ma... oh, che cazzo, la maggior parte dei ragazzi si
accontenterebbe!! -
E risero. Risero tutti e tre insieme, come se quella
discussione non avesse importanza, difatti l'abbandonarono per più mondane e
spensierate occupazioni.
Amelia voleva andare assolutamente al karaoke del
villaggio almeno una volta, e dato che era ancora un po' zoppicante ed era
tardi per andare da qualsiasi parte, gli altri due furono d'accordo.
Si prepararono dei panini al volo e scesero di corsa, tanto
che quando incrociarono i genitori di Marco di sotto, questi nemmeno se ne
accorse.
Il karaoke quella sera fu praticamente solo loro, che si
alternavano, o cantavano insieme, con un po' di perplessità degli altri
cantanti improvvisati e degli animatori, ma nessuno si lamentò; ed a fine
serata, quando l'animatore annunciò l'ultimo brano, addirittura alcuni ragazzi
spinsero perché i tre cantassero ancora. Nonostante la tensione per le
aspettative, i tre allietarono gli avventori con la Donna Cannone di De
Gregori.
Si allontanarono quindi dal piano bar, ed andarono a
rifugiarsi dietro un cespuglio vicino all'entrata, chiusa a quell'ora, della
piscina. Dopo un po' di commenti alla serata, ad Aurora venne voglia di
nuotare, e si alzò per scavalcare il cancelletto della piscina; gli altri due
tentarono di dissuaderla, ma fu lei ad averla vinta infine, e tutti e tre si
ritrovarono oltre l'ostacolo, e venne naturale spogliarsi per farsi un paio di
tuffi in piscina.
Nonostante il chiasso e le risate per nulla trattenute,
nessuno scoprì il loro bagno clandestino, lungo un attimo per loro, un paio
d'ore per il mondo lì attorno; e quando le ossa e la pelle cominciarono a
reclamare pietà, solo allora decisero di uscire.
Quel che accadde dopo fu molto spontaneo: mentre si
asciugavano, i tre presero a stuzzicarsi a vicenda, finché non si ritrovarono a
terra, sul bordo della piscina, coi loro tre corpi come uno solo, in un
crescendo di libido.
Ma non era il caso, ebbe la lucidità di pensare Marco, non
avevano preservativi; e di malavoglia dovettero interrompere le loro pratiche.
Non che ne fecero un dramma, ma a tutti rimase un senso di incompletezza in
quella serata, tant'è che le due sorelle ci misero un po' prima di lasciare il
loro ragazzo, facendo quasi l'alba in sua compagnia.
Quando furono andate, Marco non sapeva che fare. Tornare
in stanza a dormire non avrebbe portato a nulla, tornare a prendere un libro
poteva svegliare la sorellina, ed in giro non c'era molto da fare: decise
quindi di farsi una passeggiata fino in paese, lì vicino, per trovare una
farmacia con un distributore di preservativi fuori.
La camminata durò quasi un'oretta, ed il ragazzo ebbe modo
di riflettere su quel che avevano interrotto, quello per cui adesso si stava
adoperando. Non tornò particolarmente contento dalla passeggiata: aveva paura.
Paura di non essere bravo, di non riuscire, con due ragazze, ad essere al
meglio, ad essere soddisfacente; si sentiva un po' come quando perse la
verginità, ma si rese conto che vi era un valore aggiunto, un sincero interesse
per il piacere delle altre. Fu allora che per la prima volta nella sua vita
pensò di essere innamorato, un pensiero timido, che subito ricacciò nella
testa, ma che pian piano, lo sapeva, stava attecchendo.
Per dimostrare a se stesso che non era così, appena
tornato in camera, nascosto il nuovo, imbarazzante pacchetto, si chiuse in
bagno per masturbarsi, anche per dare pace ai suoi organi in fibrillazione. Non
ci mise molto, ma ogni secondo che passava gli veniva in mente che forse non avrebbe
dovuto, che in effetti era una mancanza di rispetto nei confronti delle due
gemelle, tanto che, andando a letto, nonostante il sonno ormai sopraggiunto non
riuscì ad addormentarsi presto, tormentandosi per quel suo gesto, fino al
giorno prima così consueto e naturale.
Il giorno successivo cominciò in maniera seccante per
Marco, con la sorellina che non la smetteva di ripetere quanto fossero belle le
sue fidanzate, ed i genitori che tentavano di capire come mai tanta felicità il
giorno prima, tanto da non notarli nemmeno, ponendo domande a cui il ragazzo
non voleva rispondere, e che riuscì abilmente a glissare, o magari i suoi glie
lo permisero.
Passato il claustrofobico pranzo, Marco non perse tempo e
scese subito per andare dalle ragazze, che l'accolsero con particolare gioia;
domandando come mai tanta felicità, le due fecero le misteriose e gli
comunicarono la loro tappa di quel giorno: un'altra città con un altro
castello, tanto per cambiare.
La gita fu piacevole, ma il ragazzo aveva una strana
sensazione addosso, vedendo tutto il giorno le gemelle scambiarsi sguardi
d'intesa ma non riuscendo a carpire nessuna informazione a riguardo.
Il mistero fu svelato in macchina: Fulvio e Michela quella
notte sarebbero stati ad un falò in spiaggia, di modo che la loro camera
sarebbe stata libera, e che avrebbero potuto continuare quel che il giorno
prima avevano dovuto interrompere.
Marco tornò tutto eccitato in camera sua, con la scusa di
una doccia, per prendere i preservativi, e sotto l'acqua si concesse un altro
momento intimo, sperando di durare di più quella notte.
E finalmente venne il momento. Dopo cena, le parole
svanirono lentamente, diventando sempre più di troppo, ed in modo naturale si
spostarono sul letto di Fulvio, l'unico matrimoniale, ed il turbinio di
passione iniziò, intenso come mai nelle vite dei tre.
Il tempo sembrava immobile nell'atto, le carni, una ed
unica.
Almeno finché, con un baccano infernale, Fulvio e Michela
tornarono inaspettatamente a casa.
Gli altri tre si fermarono, e quanto più velocemente
possibile tentarono di rivestirsi, ma il fratello spalancò la porta subito, ed
attonito si ritrovò a guardare i tre colti sul fatto.
Fulvio era chiaramente ubriaco, e Michela forse
addirittura in come etilico, ma lui la buttò a terra e lanciò con forza la
bottiglia di birra ancora piena che aveva in mano verso l'altro ragazzo,
mancando vistosamente il bersaglio e schiantandosi sul muro alle sue spalle.
- Brutto figlio di puttana!! Tu, tu... tu vieni qui, no? E
ti fotti mia sorella... e non una, ma tutte le mie sorelle, brutto stronzo!!
E... e nel mio cazzo di letto!! E voi due troie... che cazzo vi viene in mente?
Brutte succhiacazzi di merda... andate via, via tutti, o giuro che vi ammazzo
come state, tutti e tre!! -
E senza una parola gli interessati filarono via dalla
stanza, mentre il beone metteva la sua ragazza sul letto, mentre, senza nemmeno
la forza di tornare nella stanza accanto, continuava ad urlare.
- E non farti più vedere, coglione!! Giuro che ti ammazzo
se ti rivedo, e voi due troie non pensate di uscire, da domani!! - e così via,
anche dopo che l'ospite sgradito se ne fu andato.
E mentre Marco fuggiva di soppiatto e Fulvio smetteva di
sbraitare per cominciare ad ansimare, facendo sesso con una immobile Michela,
le due gemelle so guardarono negli occhi.
Nonostante la disavventura, ad entrambe era piaciuta la
serata, o almeno l'idea, ed essendo state per la seconda volta interrotte,
entrambe cogitavano di soddisfarsi da loro, o meglio, tra di loro.
In fondo, il sesso, il fare l'amore, quella strana sera
aveva acquisito un nuovo significato, era una manifestazione di affetto, un
dimostrare il bene verso qualcun altro, e loro due sicuramente si volevano
molto bene.
Così, pian piano, quando il loro rozzo fratello ebbe
finito coi grugniti di piacere, le due cominciarono a toccarsi con affetto,
capendosi al volo, pur ridacchiando un po', imbarazzate da quella nuova
situazione, ma con un'intesa perfetta.
E mentre si davano piacere in modi che mai avevano usato
prima, non si accorsero che il fratello, ancora sveglio, le stava spiando,
praticamente dall'inizio, avendole colte mentre andava in bagno.
L'indomani mattina, in camera delle ragazze il risveglio
fu teso. Aurora non perse tempo ed andò a correre, con l'intento di tornare
dopo pranzo, passando prima da Marco, per chiarire un po' quel che era
successo.
Michela si svegliò nuda, con l'esigenza di vomitare, ed
occupò il bagno per più di un'ora rigurgitando tutto quel che aveva bevuto e
mangiato la sera precedente.
Amelia si svegliò a quei poco piacevoli suoni, così come
pure Fulvio, che si assicurò con un urlo svogliato che la sua ragazza stesse
bene. Chiaramente non stava bene, ma il ragazzo non lo capì.
Il fatto è che aveva un solo pensiero in testa, e quando
uscì dalla sua stanza era nudo, e si presentò davanti alla sorella rimasta, che
tentava di distrarsi leggendo, e richiamò la sua attenzione.
- Ami, con me puoi farlo se vuoi -
- Eh? - commentò la ragazza, tentando di mantenere gli
occhi sul libro.
- Dai, vi ho viste ieri, tu e Aurora. E poi con quello,
che volevate fare una cosa a tre. Ma insomma, me lo potevi pure dire, io e
Michi ti avremmo fatto partecipare, a tutt'e due pure. E visto che sei andata
in bianco, ti do l'opportunità di farlo adesso, poi quando Michi esce si
aggiunge, e pure Auri quando torna -
La ragazza oramai non ce la faceva più, lo guardava
sbigottita, tentando di convincersi di aver capito male, ma un movimento poco
casuale di bacino del fratello fece cadere ogni speranza in quel senso.
- Fu', è una cosa che fa schifo!! Cioè, sei mio fratello!!
-
- Ed Aurora è la tua cazzo di sorella!! - tuonò l'altro –
Che cazzo di differenza fa? Vuoi godere no? è quello che vogliamo tutti, cazzo,
e non dire di no. Ti sto dicendo che se proprio vuoi far rimanere tutto in
famiglia puoi cominciare a succhiarmi l'uccello, poi ci penso io!! -
- Tu sei malato. Me ne vado, torno quando avrai smaltito
del tutto la sbornia – replicò lei, alzandosi cautamente dalla sedia, libro
alla mano, e mano tremante. E quando quella stessa mano si poggiò sulla
maniglia, neanche il tempo di un sospiro di sollievo che il fratello le diede
una manata dietro la testa, facendola sbattere con violenza contro la porta.
- Ma allora sei proprio una puttana!! Ti ho detto ieri che
non dovevi uscire, né tu né Auri, che cazzo fai? Già quell'altra stronza non mi
è stata a sentire!! - diceva mentre la prendeva a schiaffi e tentava di
costringerla a terra.
Amelia passò un'eternità tentando di divincolarsi dal
fratello, ma alla fine ce la fece, e si fiondò sulla porta, ma l'altro
l'afferrò per la caviglia facendola ricadere a terra, e senza nemmeno
rendersene conto le saltò addosso, ficcandole un dito nell'occhio sinistro e
spingendo, tra le urla straziate della sorella, che con sempre meno forza
cercava la maniglia da terra.
Fulvio fu interdetto dal suo gesto, e per un attimo lasciò
la presa, un attimo sufficiente alla sorella ad alzarsi e spalancare la porta
con forza, colpendo il corpo di lui, che fu costretto a spostarsi dal dolore al
costato, lasciando così uno spiraglio per la fuga della ragazza, che ne
approfittò senza perder tempo.
La cosa inaspettata fu che nel corridoio si era radunata
tantissima gente, richiamata dagli schiamazzi ed i rumori, e subito
l'accorsero, portandola via da quella camera, nella hall, mentre qualcuno stava
chiamando la polizia, dicendo di chiamare anche un'ambulanza.
Altre persone si fiondarono dentro a bloccare il ragazzo
ed assicurarsi che non scappasse, e lo portarono nella hall, dove si stava
radunando un sostanzioso gruppo di curiosi, e dove ormai la ragazza giaceva
svenuta per il dolore, medicata all'occhio da un medico ospite del villaggio.
Fra la folla incuriosita ovviamente i bambini venivano
portati via, anche perché il ragazzo sbraitava, inveiva e bestemmiava, ma una
bambina in particolare riconobbe la ragazza, in un attimo, prima che i genitori
la presero per portarla via; ma la piccola si divincolò e corse per le scale,
fino ad arrivare alla sua camera, bussando coi pugnetti quanto più forte le
riuscisse sulla porta, finché il fratello, insonnolito, non aprì.
- Vale... che vuoi? Hai dimenticato qualcosa? -
- Marco!! La tua fidanzata sta male!! -
- Ch... cosa? -
- La tua fidanzata coi capelli rossi, sta giù, ha la
faccia coperta da bende!! - spiegò la piccola Valentina, e quasi a confermare
le sue parole si cominciarono a sentire in lontananza delle sirene, sempre più
vicine.
Senza una parola di più, il ragazzo prese in braccio la
sorellina, la baciò sulla fronte e corse con lei giù, raccomandandosi di andare
al mare con mamma e papà, che se la sarebbe vista lui, che lei non doveva stare
lì. E mentre scendeva le scale sentiva anche la voce di Fulvio, che adesso
stava spiegando quel che era successo in maniera concitata e per nulla chiara,
ma in compenso molto volgare.
Una volta giù andò dai suoi, consegnò la sorellina ai suoi
ed intimò di andare, che se la sarebbe vista lui e che la piccola non doveva
sentire quella roba, ed i suoi furono d'accordo. Il padre si offrì in realtà di
restare, ma Marco fu categorico, voleva stare solo con Amelia, così andò anche
lui.
Ed appena usciti, entrarono insieme poliziotti, o.s.s. ed
Aurora, che era stata richiamata da una brutta sensazione, acuita dalle sirene.
Non le ci volle nulla a capire quel che era successo, e si fiondò sulla
sorella, accanto a Marco, impedendo per un attimo il passaggio dei barellieri.
Marco ed Aurora si allontanano piangendo da Amelia,
stringendosi l'un l'altra, guardando con impazienza il passaggio dal divano
alla barella, mentre il medico diceva cosa le era successo.
E mentre la portavano via, ed i poliziotti portavano via
Fulvio, questi prese ad urlare con più chiarezza:
- Eccola!! È nostra sorella, le ho trovate a fare sesso
tra di loro, cagne bastarde incestuose, e pure con quello lì, ma l'ho cacciato,
e loro hanno continuato!! L'ho fatto per l'onore, l'onore di famiglia, dovevo
punire quelle due!! -
E così via, mentre veniva portato fuori, seguito con
attenzione dai presenti, che per un attimo rimasero in silenzio, scandalizzati
dalla dichiarazione finalmente chiara di quel folle.
In pochi secondi si formò un vociare sommesso e pressante,
e centinaia d'occhi si fissarono sui due che, immobili, abbracciati, piangevano
ed ascoltavano le parole confuse di quei giudici.
Aurora chiese allora all'altro, singhiozzando,
sussurrando:
- Che... che facciamo adesso? -
-Non lo so. Ma per ora... direi di chiudere occhi ed
orecchie ed andare, questa gente ora sta parlando di noi -
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